Necessario uno scudo europeo per gestire i rischi meteo nei campi

Necessario uno scudo europeo per gestire i rischi meteo nei campi

di Enrico Villa

L’estate 2017 è stata disastrosa per la siccità abbattutasi sulle nostre coltivazioni, prima per il gelo nella tarda primavera, poi per la siccità, quindi con quelle che chiamano le bombe d’acqua su Roma e il Lazio nonché su Livorno. Per l’agricoltura e l’agroalimentare la situazione è stata complicata non poco dai fenomeni tellurici in Italia Centrale che hanno pressoché distrutto fattorie e allevamenti. Stando alle valutazioni, i danni che hanno fatto crollare il Pil di un’intera area, peraltro senza alcuna rifusione pubblica per ora degli eventi disastrosi, sono racchiusi in poche cifre richiamate dalle categorie professionali: almeno due miliardi di euro, meno del 41% di pioggia caduta contemporaneamente ai fenomeni siccitosi aggravatesi come in Toscana dove la mancanza di pioggia ha raggiunto il 57% circa.

Questo “quadro”, che forse attende adeguamenti pubblici finanziari, ha nuovamente portato all’attenzione l’argomento della gestione del rischio in campagna, reso più importante dalle critiche ai piani pubblici, come ad esempio quelle manifestate da Confagricoltura. Il periodico L’Agricoltore del Vercellese e del Biellese (direttore Paolo Guttardi) nel suo ultimo numero in diffusione ha fatto rilevare due aspetti: i denari erogati per sostenere i premi assicurativi pubblici destinati ai consorzi sono pochi rispetto agli stanziamenti teorici; e la Regione Piemonte con gli stanziamenti avari che avrebbero dovuto sostenere tutti i piani di sviluppo rurale, fra i quali anche quelli riguardanti le assicurazioni, si sarebbe messa in condizione di non spendere i soldi a disposizione. Di conseguenza, stando a L’Agricoltore, gli stanziamenti non impiegati rischiano di essere restituiti a Bruxelles con un danno evidente per il settore primaio subalpino. Però alla fine di luglio il ministero per le Politiche Agricole allo scopo di combattere la siccità e la scarsità d’acqua addotta ai canali ha stanziato 700 milioni di Euro per il fondo di solidarietà nazionale e per i fondi europei Pac nonché altri 700 milioni di Euro per il piano di rafforzamento delle infrastrutture agricole. Il tema della assicurazione contro i cambiamenti climatici, che anche riguarda il cibo e gli sprechi nell’ambito dello sviluppo e ammodernamento, con un piano voluto da Maurizio Martina, ministro delle Politiche Agricole, sarà probabilmente affrontato a Bergamo a metà ottobre nell’ambito del G7 dell’Agricoltura. All’assise, una delle tante del 2017 con la serie svoltasi inizialmente a Taormina dedicata alla economia e alla cultura, parteciperanno gli esperti di Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Canada, Usa. In tutti questi Paesi l’alimentazione, assicurata dalla agricoltura, è centrale. E per tutti è importante il rapido contenimento con fondi specifici delle mutate manifestazioni climatiche, appunto fronteggiato dalla gestione del rischio, nonostante l’atteggiamento sostanzialmente contrario di Donald Trump dopo le conclusioni del summit di Parigi sulle modifiche dell’ambente e delle sue conseguenze, ancora più concrete dopo i tornado in California e nei Caraibi.

Il problema assicurativo, in parte risolvibile con un sostanzioso intervento pubblico il quale copra sia le coltivazioni che i crolli di mercato delle più importanti derrate, il 21 settembre a nome della Conferenza delle Regioni è anche stato presentato da Carlo Hausmann, assessore all’agricoltura del Lazio alla Commissione Agricoltura della Camera. Nel documento che dovrebbe adesso stimolare un ampio dibattito sia in Parlamento che nell’ambito delle Regioni italiane, si puntualizza anche un aspetto di economia operativa: la soglia del rischio assicurativo sia ridotta al 20% -anziché all’attuale 30% per incentivare l’adesione delle aziende agricole. La relazione al Parlamento delinea, inoltre, la avversione negli imprenditori agricoli nello stipulare le assicurazioni allo scopo di prevenire le catastrofi: meno al Nord, più al Centro e al Sud dove talvolta i danni sono più consistenti. Ne discende la necessità di una auspicata revisione prima di tutto comunitaria. Infatti – puntualizza la relazione al Parlamento – la complessità che scoraggia gli agricoltori è intorno al 45% per la burocrazia, al 30% relativamente ai prezzi e alle franchigie elevate, al 25% che dipenderebbe dalla mancanza di adeguate informazioni.

In una intervista su Agronotizie sulla gestione del rischio si è poi riferito Dario Casati (Università di Milano) illustre economista agrario, ben conosciuto nel mondo risicolo nazionale. Egli, sostenendo il ruolo della Comunità Europea con maggiore dotazione finanziaria, osserva che non vi siano molte speranze per definire in forma autonoma strumenti per la gestione del rischio, anche perché la Commissione UE considera già il pagamento unico come una sorta di strumento per la gestione del rischi. E per la eventuale istituzione di un fondo specifico per la gestione del rischio. Tuttavia la Commissione Ue è dell’avviso che ogni stato partner proceda singolarmente. Ma-commenta Casati – il Commissario dell’agricoltura, Phil Hogan, ha escluso tale possibilità spiegando che sarebbe complicata una sua implementazione e ricordando che la riserva di crisi, del valore di 400 milioni di Euro, non è stata finora mobilitata“. Forse, perché a livello comunitario tutto cambi e finalmente arrivi il Fondo Cee assicurativo bisognerà attendere fino al 2020, quando saranno varati i nuovi finanziamenti per la nuova Pac, però ancora assai lontani

siccita

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