Una Igp per salvare i fiori del Lago Maggiore

Una Igp per salvare i fiori del Lago Maggiore

di Gianfranco Quaglia

Un marchio per dare una spinta e salvare il Pianeta fiori del Lago Maggiore, compresso da una serie di fattori: la crisi che ha dimezzato i consumi della spesa pro capite, la concorrenza dei Paesi nord-europei (Olanda in primo piano), la mancanza di promozione, le prospettive poco incoraggianti in merito a un ricambio generazionale.

All’obiettivo di una Igp guardano le 42 aziende florovivaistiche che fanno capo alla Flor-Coop di Nebbiuno (Novara), con 160 addetti (titolari e dipendenti), un valore delle vendite che supera gli 8 milioni di cui 3,621 (il 44%) all’estero (Germani a in prima fila). Manrico Brustia, presidente Cia (Confedarazione italiana agricoltori) di Novara Vercelli Verbano Cusio Ossola, ha promosso un incontro con l’assessore regionale all’agricoltura, Giorgio Ferrero, per illustrare lo stato di salute delle aziende associate alla Flor-Coop, realtà strutturata con impianti di coltivazione, conservazione e smistamento del prodotto. “Un settore – dice Brustia, risicoltore di Novara – che stenta a riprendersi perché, a differenza di altri comparti, è privo di finanziamenti, fatica a fruire delle agevolazioni previste dai Programmi di sviluppo rurale. Le imprese vogliono continuare, ma negli ultimi anni la redditività si è ridotta, pochi giovani subentrano ai genitori e quindi si rischia la chiusura”.

Sulla mancanza di ricambio generazionale Flor-Coop, con il suo presidente Eugenio Gioria, ha simulato una proiezione a cinque anni, dalla quale si ricava un dimezzamento della realtà: il quadro prevede che nel 2023 le aziende riamaste possano essere soltanto 21, la superficie coltivata di 78 ettari, il valore ridotto a 6,282 milioni (2,7 all’estero), con un’età media dei titolari attorno ai 45 anni.

Che cosa fare per invertire questo declino? “Occorre instaurare rapporti con la Grande Distribuzione – prosegue Brustia – e creare un marchio dedicato ai fiori, come è avvenuto con Piemunto, che promuove i prodotti lattiero-caseari del territorio piemontese, o Piemondina per il riso. Il marchio Igp Fiori del Lago Maggiore potrebbe rappresentare il valore aggiunto, non vogliamo che la floricoltura sparisca da questo territorio”.

Eugenio Gioria: “Servono maggiore sinergia con il turismo e più fondi. I piccoli sostegni per la promozione che gli enti pubblici hanno dato al Consorzio sono da alcuni anni totalmente cessati. I due progetti innovativi (Igp e coltivazione della pianta del tè) presentati sulla misura 16.1 non sono stati approvati”.

Daniele Luppi, presidente del Consorzio Fiori Lago maggiore: “Non buttiamo via il valore che abbiamo sul Lago”.

Renzo Bizioli: “Noi non dobbiamo vendere azalee, rododendri ecc. Dobbiamo vendere i Fiori del Lago Maggiore, la promozione del territorio”.

Luca Bona, consigliere regionale componente commissione agricoltura: “La sinergia con cultura e turismo è essenziale, così come una Igp sarebbe strategica”.

L’assessore Giorgio Ferrero: “per utilizzare fondi di promozione servono marchi di qualità, così come avviene in altri settori (ad esempio il riso di Baraggia Dopo è trainante per altri prodotti e il territorio). La Igp può esere una soluzione, ma ci sono anche altre soluzioni: il Testo Unico sull’agricoltura recentemente appriovato dalla Giunta regionale prevede finanziamenti anche per i distretti o strade dedicare ai prodotti. Un marchio territoriale naturalmente faciliterebbe anche la fruibilità di spazi anche nella GDO. Si può pensare anche a una campagna per abbellire i nostri Comuni (in Piemonte sono oltre 1200), all’arredo urbano. Ma voi dovete essere certificati”.

Sul fronte della difesa fitosanitaria (anche la zona di produzione di produzione dei fiori è attaccata dalla popillia japonica) l’assessore ha promesso un aiuto specifico.

Nella foto: Giorgio Frrero, Manrico Brustia e Eugenio Gioriafiori

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