La black list dei cibi fa volare il biologico

La black list dei cibi fa volare il biologico

di Enrico Villa

Le aflatossine del genere Aspergillus sono funghi velenosi che si insinuano nelle granaglie (riso, grano, mais, eccetera) e danno la morte. Questi Ascomiceti hanno una particolarità: se in laboratorio sono inondati da un fascio di luce ultravioletta si accendono di una luce vivida che potrebbe anche essere chiamata la luce della morte. Senza ultraviolette questi funghi rimangono inerti, sfuggono al controllo dei ricercatori e combinano un sacco di guai a danno del consumatore. Così è andata nel 1961, quando 10 mila tacchini si nutrirono di sfarinati contenenti aflatossine. I pennuti morirono come se investiti da una epidemia biblica. E sul subito i veterinari non trovando altro nome, e così chiamarono il male misterioso Malattia X del tacchino che gli americani, grandi allevatori di questi pennuti, denominarono poi la malattia Turkey X Disease.

Mezzo secolo dopo quell’evento, le tecniche di magazzino e di sistemazione nelle navi commerciali che attraccano a Genova , Savona, Ravenna e in alti porti del Mediterraneo portarono gli operatori e gli uffici di controllo ad una maggior severità. Soltanto che la minaccia delle muffe di aflatossine è stata ridotta solo in parte. Di aflatossine, di cui esistono ben sette tipi citati dalla letteratura scientifica, continuano ad essere intrisi i cibi da esportazione che giungono da paesi asiatici, africani, e comunque non della Comunità. In occasione del Forum annuale di Como dedicato anche ai nostri cibi di massa, quest’anno in calendario il 19/20 ottobre, la Coldiretti nelle passate edizioni ha pubblicato una black list dove le pericolose aflatossine sono presenti in alcuni cibi. Eccoli: arachidi provenienti dalla Cina; fichi dall’Iran; nocciole dalla Turchia; arachidi dagli Stati Uniti; pistacchi dalla Turchia; peperoncini dall’ India dalla quale si importa anche il riso basmati; albicocche secche dalla Turchia; noce moscata dall’ Indonesia. Oltre che dai laboratori attrezzati, numerosi in Italia e aggregati alle Camere di Commercio, l’avvertimento sulle aflatossine di provocare manifestazioni cancerogene, viene dall’autorevole Efsa di Parma, organismo di controllo antisofisticazione dipendente direttamente dalla Comunità Europea. Ultimamente all’Efsa sono giunte circa 3000 notifiche relative a cibi avariati e pericolosi per i veleni che conterrebbero. In relazione agli stessi, il delegato confederale Bruno Rivarossa, attualmente attivo in Piemonte, parla esplicitamente di cibi avvelenati che arrivano dall’estero. E auspicando controlli ancora più concreti ed efficaci, lo stesso Rivarossa evidenzia che in Italia la vigilanza è stringente: solo lo 0,4% di campioni di alimenti sospetti esaminati per il controllo, mentre i campioni di merce dall’estero di cui bisogna diffidare salgono per ora al 3,2%, segno questo del nostro rigore nazionale e della rilassatezza nella vigilanza negli Stati Uniti dove è presente un eccellente servizio antisofisticazione e in Europa in cui alcuni paesi si stanno ancora attrezzando, ritenendo in ogni caso degni di scarsa attenzione i cibi sofisticati o inquinati da sostanze industriali e ambientali.

La black list, tuttavia, non si occupa esclusivamente di aflatossine presenti in alimenti che danneggiano la salute dei consumatori, in Europa ormai con più di 400 milioni di persone, ma anche di cibi più pericolosi e sottolineando le motivazioni relative: pesce di grande taglia che arriva dalla Spagna, due su tre importati con carne intrisa di minerali pesanti e cancerogeni come il piombo, pescati in mesi di ferma; carne di pollo importato dalla Polonia e portatrice di salmonella, batterio che oggi preoccupa, isolato per la prima volta nel 1886 dal medico Daniel Salmon; carne di pollo importato dai Paesi Bassi i quali presenterebbero contaminazioni microbiologiche; peperoncini provenienti dall’India carichi di salmonella; cereali e verdure trattate con glisofato per combattere le infestanti in Europa e in Italia vietato, così come altri fitofarmaci consentiti in altri Paesi da cui si importano senza dazio comunitario riso e grano, mais, ortaggi; altri alimenti agricoli o industriali che per la conservazione sono stati utilizzati solfiti sospetti di indurre alle allergie anche se ufficialmente non sono considerati allergeni. A proposito dei solfiti, messi parzialmente al bando per i vini come negli Stati Uniti, gli stessi solfiti vengono largamente adoperati per frutta, patate disidratate, sciroppi e succhi in lattine, tetrapac, contenitori di plastica e di vetro utilizzati per proteggere o rinforzare, in funzione teorica di un possibile deterioramento i liquidi commestibili.

A parte la black list, a questo punto una domanda è lecita: come possono difendersi i produttori agricoli che debbono tutelare il made in Italy e i consumatori da queste possibili aggressioni velenose? Per ora uno degli strumenti validi è rappresentato dal biologico, anche secondo Nomisma e Nielsen in grande espansione. Lo scorso anno il biologico ha avuto un mercato domestico di 3,5 miliardi di euro con un boom del più 15% rispetto al 2016 e con un incremento del 153% rispetto al 2008. Secondo Nomisma il 47% degli italiani consuma biologico almeno una volta alla settimana , con una incidenza anche sulle statistiche dell’agricoltura: crescita normale per il settore, crescita straordinaria per il biologico che stando alle ricerche di marketing dovrebbe nei prossimi anni guadagnare altro terreno. Forse nel 2030, le black list dovranno nei consumatori dare ancora maggiore consapevolezza, aiutando a dominare, come non è quasi mai accaduto, aflatossine, e solfiti, in una parola conseguendo una più solida educazione alimentare specialmente nei giovani.

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