Bio e Km zero: il primato che tutta Europa ci invidia

Bio e Km zero: il primato che tutta Europa ci invidia

biodi Enrico Villa

Le coltivazioni bio stanno dilagando in Italia, tanto che, più che in passato, sono state considerate positivamente dalla grande distribuzione la quale ha aperto reparti di vendita specifici. Recentemente la stampa specializzata ha intitolato l’agricoltura italiana è la più bio d’Europa. Il primato, certificato dalle cifre statistiche, riguarda vite, orticoltura di qualità, cereali come il riso, latte e derivati, carne da allevamento e da macello. Questo scenario, completamente cambiato rispetto a qualche anno fa, ha facilitato una tecnica di vendita che riguarda i consumi: le vendite a chilometro zero per abbattere gli inquinanti i quali insidiano gli alimenti correnti come i tanti fitofarmaci, le violazioni ambientali, l’eccesso di carburate di frequente intrisi di diossina e delle polverine mefitiche PM10.

Prendendo atto della nuova situazione, che anche riguarda la Sanità, il ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha rilevato che il bio ha anche un forte interesse politico in ambito comunitario. E rileva una pubblicazione di Coldiretti ( n.11 del Coltivatore cuneese, direttore Michelangelo Pellegrino):anche l’Italia ha presentato diverse istanze sul tema, come ad esempio la norma per le mense biologiche e il disegno di legge sulla agricoltura biologica. Ne deriverà così una crescita armonica del comparto, destinato in pochi anni ad essere preminente. Le statistiche, come abbiamo appena ricordato, confermano. Infatti le superfici coltivate con metodo biologico hanno raggiunto 1.800.00 ettari, vale a dire in 12 mesi una impennata del 20%. Anche in Piemonte, dove assai importante è la coltivazione risicola anche bio, le tendenze italiane sono state confermate: SAU regionale del 16% di quella complessiva, e aziende circa al 4% del totale, con una superficie media di 20 ettari ciascuna. Inoltre, la situazione favorevole ha indotto gli stabilimenti di molitura nonché di lavorazione dei prodotti a recuperare i metodi tradizionali di trasformazione consolidati nel passato, in più aprendo il capitolo assai moderno per l’Italia dei contratti collettivi di coltivazione e di filiera. Cioè ottenere una partita omogenea per caratteristiche merceologiche soprattutto nell’interesse dei consumatori e contro le numerose frodi.

La svolta nazionale del bio, ulteriore valore aggiunto per la nostra agricoltura, recentemente con un pro memoria è stato portato all’attenzione del Governo sotto forma del Rapporto Greenitaly di Symbola. Ermete Realacci, presidente di Symbola, ha consegnato il rapporto al premier Paolo Gentiloni, fra l’altro per evidenziare quale ricchezza rappresenti per l’Italia il nostro settore primario. Il nostro Paese, infatti, è l’unico al mondo con 292 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 523 vini Docg/Doc/Igp. In più l’Italia occupa un posto di leader economico con 60.000 aziende agricole biologiche. Il nostro Paese sopravanza anche la Francia per i vini, altra ricchezza da preservare e che consente una esportazione qualificata in tutto il mondo, Stati Uniti, Russia, Cina in particolare. Nel nostro ambito territoriale esistono 504 varietà iscritte al Registro viti. In Francia sul Registro viti le varietà iscritte sono soltanto 278, mentre le olive di pregio sono 533 e in Spagna, nostro temibile concorrente, le olive di eccellenza soltanto una settantina. L’Italia è anche preminente per la tutela e la difesa dei vegetali con il rischio della loro scomparsa come accade a tutela nel centro di Castel D’Agogna gestito dall’Ente Nazionale Risi di Milano (presidente Paolo Carrà, direttore generale Roberto Magnaghi). Nel nostro Paese, secondo la nota di Symbola inoltrata al Governo, operano 40.000 aziende agricole impegnate nel custodire semi o piante a rischio di estinzione. Nelle sue pubblicazioni Coldiretti ribadisce che in Italia è nata la più vasta rete di aziende agricole e di mercati di vendita a chilometro zero lungo tutta la penisola. Si tratta di un bene prezioso con due caratteristiche fondamentali: sotto il profilo naturalistico a difesa dell’ambiente; e, appunto, come valore aggiunto a chilometro zero in relazione alle produzioni agricole. Questo tessuto che si sta formando soprattutto in funzione dei giovani imprenditori al di sotto dei 35 anni, che nel 2017 sarebbero stati ben 5.350.000 rispetto al 2016 con un aumento del 5,8% il quale fa ben sperare.

E questa è la valutazione finale su quello che sta accadendo sotto i nostri occhi, di Roberto Moncalvo, presidente nazionale di Coldiretti. Investire sulla distintività – annota Moncalvo – è una condizione necessaria per le imprese agricole che vogliono distinguersi in termini di qualità delle produzioni ed affrontare il mercato globalizzato, salvaguardando, difendendo e creando sistemi economici locali attorno al valore del cibo. L’agricoltura biologica rientra nella partita. Più si diffonderà in futuro, sostenuta dalle pubbliche istituzioni (Governo e Regioni), più l’Italia deterrà ancora in futuro la buona posizione di prima nazione bio d’Europa.

 

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