In ottocentomila per Natale hanno scelto il buen retiro dell’agriturismo

In ottocentomila per Natale hanno scelto il buen retiro dell’agriturismo

di Enrico Villaagriturismo

Nel ponte natalizio e di Capodanno gli italiani in ottocentomila hanno scelto per le vacanze le aziende di agriturismo che nel nostro Paese, secondo le rilevazioni Istat, sono circa 28 mila, 870 in più dell’anno precedente. L’impennata, secondo Coltivatori Diretti (ha anche varato il protocollo green education e un concorso fotografico, scadenza a giugno 2017) corrisponde al 6% in più circa rispetto al passato. Questa espansione galoppante si aggiunge al settore alberghiero e delle vacanze registratosi per la fine dell’anno 2016.

Ma la scelta per l’agriturismo dipende da molti fattori, come hanno sottolineato le ultime inchieste demoscopiche: preoccupazione per la minaccia dell’Isis e del terrorismo; ritorno accentuato alla natura e alla gastronomia territoriale; una ritrovata cultura della campagna e dell’agricoltura che spinge a ricercare nuovamente le radici per le nostre popolazioni, un tempo socio-agricole e che di questa condizione si erano ormai dimenticate. L’evoluzione dell’agriturismo e i numeri confermano il fenomeno socialmente ed economicamente da non sottovalutare. Il settore economicamente vale circa due miliardi di euro e incide vistosamente sul Pil relativo all’agricoltura nel suo assieme. La crescita, da noi è iniziata negli anni Sessanta con la nascita delle prime aziende in Trentino-Alto Adige, in Toscana e in Emilia-Romagna. Essa in Italia è andata di pari passo con un altro fenomeno, ricchezza tutta nazionale rispetto all’Ue: l’affermazione dei pat (prodotti agroalimentari tradizionali) regolati dall’articolo 8 del Decreto Legislativo n.173/98 che fa riferimento ai diversi territori della Penisola; i dop e gli igp, prodotti di forte personalità alimentare introvabili altrove, in Europa e internazionalmente. Poi, nel 1973 la Provincia Autonoma di Trento regolò per legge regionale le aziende agrituristiche, in origine fatte di soli alloggi per le vacanze, calate in un contesto diverso dal tradizionale comparto alberghiero e turistico. Successivamente, fu varata la legge-quadro sul turismi di campagna ( Legge 17 maggio 1983, n. 217) inoltre sostituita dalla prima legge-quadro per la disciplina dell’agriturismo ( Legge 5 dicembre 1985, n. 730) che di fatto passò l’attuazione della materia ai Consigli delle regioni del nostro paese. Oggi il comparto – come accennato, in forte crescita – è disciplinato dalla nuova legge quadro statale ( Legge 20 febbraio 2006, n.96) nonché dalle leggi regionali le quali prescrivono con precisione le caratteristiche delle aziende agrituristiche, non concorrenti del settore alberghiero e della ristorazione ma integrativo privilegiando valori di genuinità e di territorialità, ritrovabili nelle diverse aree italiane e che dovrebbero costituire un ulteriore baluardo a favore del made in Italy. I vini, i formaggi, la carne, l’olio e gli ortaggi di qualità sono compresi in una “ideale piramide” che ha anche un preciso significato alimentare e dietetico. Va anche chiarito che le aziende agrituristiche in qualsiasi punto del Paese sono esclusivamente agricole, condotte professionalmente da un agricoltore così come previsto dal Codice Civile (art.2135 c.c.) nonché dai suoi familiari con l’ausilio di dipendenti come in qualsiasi azienda agricola produttiva. Con queste caratteristiche imprescindibili e sotto il controllo delle regioni e dello Stato (Ministero delle Politiche Agricole e Forestali) in vetta alle graduatorie agrituristiche sono il Trentino-Alto Adige e la Toscana. In questa ultima regione gli agriturismi (questo il linguaggio di norma ormai usato) sono circa 1700, vale a dire il 21% circa del settore nazionale. Con il trascorrere del tempo, nell’ultimo trentennio l’evoluzione degli agriturismi ha acquisito queste nuove funzioni: soggetto di sviluppo considerato dai bandi di piani di sviluppo regionale previsti dalla UE; il ruolo didattico soprattutto rivolto alle scuole perché i giovani imparino a considerare l’importanza storica dell’agricoltura; l’affermazione della cucina territoriale la quale con la globalizzazione si è andata perdendo con consistenti rinunce culturali.

Anche il Piemonte è diventato agrituristicamente assai importante con le sue aree di forti caratteristiche di montagna, di collina e di pianura del Roero e delle Langhe, del Torinese, del Novarese, del Vercellese, dell’Alessandrino e dell’Astigiano. Il Consiglio Regionale Piemontese dopo vent’anni (legge. Regionale 38/1995) nel 2015 ha varato “le nuove disposizioni in materia di agriturismo” con una visione molto ampia del settore, ferma sui principi agricoli fondamentali e riguardante paesaggio, alimentazione e gastronomia con particolare riferimento all’enoviticoltura, alla carne, al latte e ai formaggi. In uno studio pubblicato su Agricoltura, i dati evidenziano l’importanza dell’agriturismo regionale: oltre mille aziende che si occupano di tutta la gamma agricola e dell’allevamento su una superficie di circa 25 mila ettari. In un’altra tavola riassuntiva, sempre pubblicata su Agricoltura, sono evidenziati i patrimoni di cui si avvale l’agriturismo in Piemonte e a livello nazionale: 341 pat, 58 fra dop e igp che in Italia diventano 4900 (pat), nonché 533 dop e igp. Tanto oro da sfruttare per il mangiare tipico, locale, eccellente, come fa notare nelle sue pubblicazioni il Ministero delle politiche agricole e la UE con l’istituzione Agriturismo Italia, affermando che le aziende agrituristiche sono in Italia delle terre delle emozioni, sempre da vivere.

 

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