L’orto bio trionfa sulle tavole degli italiani

L’orto bio trionfa sulle tavole degli italiani

di Enrico Villa

Il bio, in Italia un primato rispetto all’Europa e al mondo, sta cambiando disegnando contorni diversi al mercato e alle tecniche agronomiche. Il mutamento, incominciato nel 2013/2014, riguarda quasi tutte le coltivazioni ma anche il riso. La svolta è stata determinata dai regolamenti comunitari, ma in Italia soprattutto dal decreto ministeriale 18 luglio 2018 coerente con gli indirizzi della UE.

Al cambiamento che sta avvenendo e che si protrarrà rapidamente nel tempo, Il Risicoltore e la direzione generale dell’Ente Nazionale Risi (presidente Paolo Carrà, direttore generale Roberto Magnaghi) hanno conferito lo spazio dovuto, predisponendo una articolata circolare esplicativa. Sul sito e sul periodico ufficiale dell’Ente Risi diretto da Giuseppe Pozzi hanno così intitolato: Ecco che cosa deve fare chi produce riso biologico. In realtà, la circolare ha alcuni precedenti:1)la banalizzazione delle coltivazioni bio, che puntano alla salute del consumatore, banalizzazione nel 2014 fatta dai grandi media italiani alle quali le coltivazioni biologiche arrecarono non pochi danni commerciali; 2)una analisi economica e agronomica effettuata da più convegni di cinque anni fa dove l’agronomo Stefano Bocchi tranquillizzò i risicoltori: in sostanza, passare alle tecniche bio non vuol dire rinunciare all’intero redito in campo, al massimo apparentemente facendo a meno di circa un 20% recuperato tuttavia altrove. Nello stesso tempo, analisi brillanti che hanno inquadrato totalmente la coltura del riso compreso il biologico, sono state effettuate dall’agronomo Maurizio Tabacchi e comparse sul web.

In realtà, un articolo del Decreto Ministeriale 18 luglio 2018 affronta le coltivazioni risicole con l’obbiettivo biologico, dando questa indicazione stringente: a risaia per tre anni, quindi rotazione colturale facendo riposare il terreno per un biennio, tenendo così conto delle auspicate esigenze salutistiche dei consumatori i quali sempre più nel cibo diffiderebbero del massiccio ricorso alla chimica e ai fitofarmaci. Con questi criteri sui quali si diffonde la specifica circolare dell’Ente Nazionale Risi nonché con il rispetto delle indicazioni del Decreto Ministeriale, accanto alla risaia tradizionale si svilupperà la risaia bio con qualità di elevato livello organolettico e commerciale.

L’ambito storico è quello delle coltivazioni biologiche che – l’epoca è fissata da Federbio – incominciarono in Europa circa un secolo fa. Federbio, presidente l’agronomo di Bolzano Paolo Carnemolla, nelle sue pubblicazioni fa inoltre presente che la successione storica della materia comprende gli anni del Bio 2 , quindi negli anni del Bio 3 nel quale le coltivazioni biologiche e anche biodinamiche si normalizzerebbero con l’ottenimento della piena alleanza suolo/operatori agricoli, in grado di applicare tecniche nuove provenienti dalla esperienza agricola millenaria. A questo punto, sorretta dalle nuove tecnologie, l’agricoltura potrebbe diventare una pratica diversa, più attenta alle affermate conoscenze scientifiche.

Il terreno di coltura dei consumatori, più interessati di un tempo al bio, sembra il più adatto allo sviluppo dello specifico mercato anche per il sostegno ideologico e filosofico dei movimenti vegetariani e vegani. In occasione dell’ultima edizione del Sana bolognese nel settembre scorso, Nielsen ha compiuto una indagine demoscopica su duecento soggetti i quali hanno risposto con precisione. Ne è risultato che 6 su 10 consumatori i quali anche si servono della grande distribuzione, scelgono prodotti biologici chiedendoli alla distribuzione commerciale. Ne discende un altro dato eloquente: il mercato si sta allargando del 10,5% con preminenza dei generi più graditi dagli acquirenti, sarebbe meglio dire dal pubblico femminile che generalmente procede alle compere quotidiane. Infatti l’approvvigionamento degli ortaggi si è impennato del 48,9%, dei cereali riso e pasta compresi, del 32,6%, della vite e del vino del 23,8%, dell’olivo ricusando quello di provenienza dubbia del 23,7%. Il biologico sta dilagando negli allevamenti zootecnici dove anche prevale la preoccupazione per la sanità degli animali, cresciuti del 25% per i bovini, del 13% per gli avicoli, del 13% per gli ovicaprini. Questi incrementi in Italia sono tutti dovuti a 76.000 aziende che ultimamente sono cresciute di circa il 9% con la possibilità che il numero aumenti ancora, così caratterizzando un mercato diverso da quello che abbiamo l’abitudine, alquanto tradizionale, di considerare.

Però gli analisti e gli statistici segnalano una macchia nera: l’ampliamento del mercato offre anche lo spazio al bio falso italiano ed estero, una vera e propria frode in commercio sanzionata in Italia dall’articolo 640 del Codice Penale. Per contrastare questi gravi raggiri anche favoriti da messaggi pubblicitari ingannevoli, a marzo del 2014 per iniziativa di Coldiretti è stato costituito l’Osservatorio sulla criminalità in agricoltura e agroalimentare. Il comitato scientifico della istituzione è presieduto dal magistrato Giancarlo Caselli, pubblico ministero di Palermo e poi di Torino. La vigilanza è per le frodi ai danni del bio, ma anche di quanto con falsi prodotti danneggia in generale il made in Italy. Che in Europa e negli Usa con nomi di fantasia sono molti e tutti con effetti disastrosi

bioeconomia

You must be logged in to post a comment Login