Bistecca sintetica, sfida e rischi di una rivoluzione a tavola

Bistecca sintetica, sfida e rischi di una rivoluzione a tavola

di Enrico Villa

In Italia si contano circa 2000 macelli gestiti da società e da cooperative da cui ogni giorno provengono i 41 chilogrammi di carne che ciascuno di noi consuma. La prospettiva statistica è destinata a modificarsi. Secondo gli studiosi, entro il 2050 il consumo di carne salirà da 249 milioni di tonnellate a oltre 455 milioni di tonnellate all’anno. E, di conseguenza, si incrementerà vistosamente anche il consumo pro capite di carne di bovino, bufalo, suini, ovini, caprini e pollame. Tuttavia esistono movimenti di pensiero e filosofici che richiedono due abolizioni: dei macelli che si comportano crudelmente trascurando il benessere degli animali, per cui rivendicano l’abolizione degli impianti; e la istituzione in ogni azienda delle videocamere per perseguire i comportamenti sconvenienti degli addetti i quali, in genere, perseguitano il bestiame il quale sarà ucciso un momento dopo, rispettando i protocolli minimi della medicina veterinaria.

Se le richieste degli animalisti con varie impostazioni di pensiero dovessero prevalere, l’allevamento del bestiame da carne si modificherà nella Pianura Padana e nella Penisola dove, tenendo conto delle ultime statistiche del 2018, i bovini sono circa 6 milioni, i suini circa 9 milioni, il pollame più gradito di un tempo dal consumatore circa 14 milioni di esemplari allevati e, poi, trasformati in carne bianca. Anche in Piemonte, regione zootecnica per eccellenza, esiste remoto il rischio vegano di una lotta senza quartiere alle industrie di macello che, secondo i documenti della Regione Piemonte (Teodora Trevisan e Daniele Michelotti i compilatori) riguarderebbero circa 900.000 capi bovini di cui il 37,02% di razza piemontese nonché il 24,46% di razze frisone, il 16,05% di razze da ingrasso. A tutto questo vanno aggiunti i bufalini, gli ovini, i caprini, gli equini che sono trasformati in carne, i suini che superano i 1.300.000 capi, gli struzzi che hanno perso interesse rispetto a qualche anno fa. Secondo un sondaggio della Ixè commissionato da Coldiretti nell’annata appena conclusa le famiglie italiane hanno aumentato del 3% circa la spesa per l’acquisto di carne pregiata come quella proveniente dalla razza piemontese. In termini statistici questo vuol dire il 48% di costolette provenienti dai macelli nazionali con questa ripartizione: il 29% privilegia le carni locali e il 20% sceglie i marchi IGP, DOP e le altre carni certificate. L’andamento regionale e commerciale sarà sempre più subordinato alla prossima Politica Agricola Comune che dovrebbe essere varata nel 2019 e che varrà per i prossimi anni, consolidando le basi dell’agricoltura comunitaria, in particolare della zootecnia di ogni regione della UE.

Un altro aspetto che segnerà il 2019 appena incominciato riguarderà forse già la carne coltivata, pulita e sintetica, da novembre 2018 oggetto delle agenzie di stampa internazionali: ormai da cinque anni si affacciando soprattutto sul mercato americano, che fatalmente riguarderà prossimamente anche il mercato europeo. Nei suoi discorsi di insediamento il neo presidente nazionale di Coldiretti Ettore Prandini, titolare di una azienda zootecnica in provincia di Brescia, si è espresso negativamente sulla carne sintetica, avviando un atteggiamento economico ed etico simile a quello a suo tempo concernente i vegetali geneticamente modificati (Ogm). Ma non solamente i vegetariani e i vegani nel dibattito in corso sulla carne sintetica hanno osservato: la produzione di questa carne, che non ha nulla a che vedere con le modifiche genetiche, ridurrà il ricorso ai macelli, contemporaneamente rispettando il benessere degli animali non più obbligati con la loro soppressione a fornire carne alla Pianura Padana e al resto d’Italia. Non solo. Il “mago dei tessuti”Mark Post, che lavora all’Università di Maastricht( Olanda) presentando un hamburger di carne sintetica a Londra nel 2013, elencò i vantaggi di questo prodotto tecnologico. Eccoli, in una intervista rilasciata ad Agnese Codignola: oggi usiamo i 70% della capacità dell’agricoltura per gli allevamenti e questi ultimi danno un contributo formidabile al riscaldamento (il 18% delle emissioni di gas serra proviene dall’allevamenti) con le emissioni di metano e con l’impronta di tutto il processo di allevamento. Con questo tipo di carne – secondo gli studi dell’Università di Oxford – potremmo abbattere l’impatto ambientale del 90%.

 I ricercatori come il professor Post ed altri che operano negli Usa dove alcune società stanno facendo consistenti investimenti, chiariscono ulteriormente che la carne sintetica non ha nulla a che vedere con gli OGM. Essa si ricava partendo da una semplice biopsia praticata sul collo di un animale, e poi si sviluppa utilizzando le cellule staminali capaci di crescere su un micro supporto. Però con maggiore cautela la letteratura scientifica più seria parla di successi fra qualche anno, massicci investimenti, anche se dalle cellule muscolari di un maiale si potrebbero generare 50.000 tonnellate di carne. Fra i però negli Usa non considerati dalla Food and Drug Administration che ha autorizzato il prodotto, esistono i pericoli per le allergie, le iniezioni artificiali di cellule nutrite da sostanze di origine vegetale e l’impiego di sodio benzonato cancerogeno se utilizzato in elevate quantità come ha avvertito una istituzione londinese. Se al momento la situazione fosse questa, nel 2019 sì alla nuova Pac, no alla carne sintetica forse decisamente contradditoria rispetto alla nomale agricoltura e alla nuova Politica Agricola Comune.

sintetica

You must be logged in to post a comment Login