Riso come Champagne: due brand intoccabili

di Enrico Villa

venesioI cataloghi sullo champagne, che viene dal Nord francese e che hanno “nuovo corso” dal 1670, informano senza giri di parole: esiste anche lo champagne al cioccolato fino a qualche tempo fa graditissimo nei salotti alla moda parigini. Invece non è ancora codificato uno champagne al riso, anche se la cucina territoriale tradizionale parla di “risotto allo champagne”, talvolta al posto di “risotto al Barolo piemontese” o “alla Bonarda” dell’Oltrepo pavese. I medioevali champagne e riso, entrambi “figli” dei benedettini italiani e francesi che incominciarono a curarsene nel XIII secolo. Ultimamente le contrapposizioni enogastronomiche hanno assunto il significato di una diatriba. Infatti, come è noto, ai fini della diffusione e dell’esportazione i vini di qualità italiani, come i vini bianchi trevigiani, come il Prosecco brut, hanno battuto i francesi e sono risultati i primi al mondo.

Dietro le quinte della gastronomia, patrimonio culturale del nostro Paese, si sono sviluppate altre diatribe non soltanto sui vini bensì sul cibo, frequentemente codificato nei nostri territori della Pianura Padana, o delle nostre colline e montagne. Recentemente è anche stata assunta una posizione rigida sui cibi etnici che diffondendosi starebbero danneggiando i nostri piatti, risotti compresi. Anzi, commentatori che si dicono “dietologi” raccontano sui mass-media senza tanti controlli che il riso è colpevole di diabete o è portatore di arsenico contenuto nei fitofarmaci adoperati in risaia contro le infestanti. Il Risicoltore nel suo numero di giugno ha detto basta a queste interpretazioni fantasiose e errate. E il “punto fermo” in una intervista lo ha messo Mariangela Rondanelli dell’Università di Pavia. E, documenti scientifici alla mano, la professoressa Rondanelli ha osservato che il riso raffinato non fa venire il diabete. A Riccione il riso come antipasto e come primo piatto compare quotidianamene nei menù. E gli ospiti – sul quesito specifico sollecitati – mostrano di gradire il cereale sempre di più.

Ma abbiamo posto domande sul riso e la sua popolarità a Gionata Venesio, manager e insegnante di enogastronomia che dal Monferrato casalese svolge la sua attività economico-gastronomia specialmente in Liguria su pane, olio d’oliva, vino, interessandosi particolarmente di champagne e di vini di alto pregio italiani ed europei. “Il riso –dice – è uno degli alimenti più utilizzato dalle cucine internazionali. Alimento ricco di sostanze nutritive aminoacide, bene si presta alle preparazioni più disparate. Sarebbe un errore enorme soprattutto nel nostro territorio dimenticare le nostre tradizioni contadine e sostituire il riso. Perderemmo i piatti migliori mai realizzati dai cuochi famosi nel mondo che hanno tracciato le basi della cucina moderna. Uno per tutti Marchesi con il suo risotto con foglia d’oro”.

Le riflessioni di Gionata Venesio, che appartiene alla Accademia dei Sapori e che ha espresso il suo modo di pensare a Vercelli in una conferenza su invito del Kiwanis Club, presidente Rahelina Orsani. E che riguardano due punti dolenti: la recente crociata su cibi etnici che danneggerebbero le nostre tradizioni alimentari e gastronomiche nonché il primato ancora conservato dallo champagne nonostante la recente supremazia dei vini di pregio italiani i quali aiuterebbero a “mettere in un angolo” i vini francesi. In relazione a questi ultimi, Venesio parla in qualità di amministratore delegato della Cuvèe srl import di champagne e di vini di pregio.

A proposito della presunta crociata contro gli alimenti etnici, questa la sua analisi: “E’ a mio avviso al di sopra delle righe. La nostra tradizione gastronomica è fortemente strutturata e riconosciuta a livello internazionale. Le cucine dei nostri ristoratori sono attente nel mantenere saldi i principi della cucina mediterranea, se mai attingendo qua e la a qualche rivisitazione perché no, anche dalle interpretazioni più esotiche. Resta comunque saldo il principio che alcuni piatti che della nostra cucina sono il vanto non possono in alcun modo essere contaminati da inflessioni culturali diverse. Personalmente sposterei l’argomentazione su un livello decisamente più basso, ovvero sulle condizioni igienico alimentari con le quali lo street food viene offerto ai consumatori. Ecco, questo sia il vero argomento da trattare”.

Sullo champagne distinto storicamente nel 1670 con il lavoro di modifiche, di affinamenti enologici e di adeguamenti operati dall’abate dom Pierre Pérignon nel convento di Hauteville, la voce fuori dal coro di Gionata Venesio che anche riguarda in Italia lo champagne accusato di esser vino da salotto. “L’Italia – è il giudizio dell’esperto – ha surclasssato la Francia in quanto al quantitativo di vino prodotto, ma purtroppo non in fatto di qualità. Lo champagne gode ancora di un retaggio culturale e di storia che nei secoli ha contribuito a renderlo quello che è, un vero status symbol. Concordo sul fatto che il valore di questo vino è da ritenersi oggi sovente ingiustificato e sovrastimato”.

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