Ecologia, la grande assente nel racconto del coronavirus

Ecologia, la grande assente nel racconto del coronavirus

coronavirus ecologia

di Bruno Rossaro*

*Università degli Studi di Milano

Il dramma del Coronavirus sta esplodendo in tutta la sua gravità. Stiamo vivendo un momento difficile, che mi fa ricordare quando ero piccolo e la seconda guerra mondiale era da poco finita, ricordo i racconti dei miei genitori quando Milano era sotto i bombardamenti, quanta gente viveva in povertà, nella estenuante ricerca di lavoro. Poi il boom economico, poi gli anni di piombo, poi mani pulite, poi l tori gemelle, poi la crisi del 2008.

Io ho una testimonianza personale sul cambiamento climatico; ricordo che negli anni ‘70 il ghiacciaio dello Sforzellina, sopra il passo del Gavia, arrivava quasi fino alla strada statale, ma nel 2006 dovetti camminare per mezz’ora per raggiungere il ghiacciaio. Accanto al drammatico ritiro dei ghiacciai, siccità e alluvioni sono stati cronaca costante di qualche settimana fa, ma ecco arrivare il coronavirus.

Sento dalle cronache che servono più posti di terapia intensiva, bisogna accelerare le ricerche sul vaccino, servono più risorse per la sanità, molti medici si stanno prodigando da eroi, ma contro il virus per ora si può solo cercare di evitare il più possibile contatti ravvicinati tra persone.

Temo però che alcune misure come la disinfezione delle strade sia un po’ inutile ed i danni che provoca all’ambiente siano maggiori dei benefici. A proposito di danni da eccesso di zelo sento in questo momento dalla TV anche di bambini intossicati dall’amuchina o di adulti che la usano per disinfettare le mascherine!

Pensiamo a questo punto che sia però necessario tornare a diversificare il racconto dei problemi e dare un po’ di spazio alle profonde cause del fenomeno, al fine di suggerire rimedi duraturi. Bisogna dare più spazio agli ecologi, che da tempo inutilmente sottolineano la necessità di uno sviluppo sostenibile, che significa anche lavoro più a misura d’uomo, meno consumismo, vita più morigerata. Sebbene non nelle mie competenze, ma aggiungeremmo qui che è necessario anche tornare a dare spazio alle attività umanistiche, letterarie, artistiche.

Oggi invece tutto si misura sulla crescita del PIL, e si parla di economia verde, ma di fatto che si fa? I mezzi pubblici a Milano sono ora in effetti pitturati di verde, ma senza il gasolio non si produce neanche energia elettrica! E con la siccità e la scomparsa dei ghiacciai in futuro non ci sarà più neanche l’energia idroelettrica!

Vorremmo allora creare un minimo spazio per riferire il punto di vista dell’ecologo. In primo luogo è necessario avere chiaro il concetto di ecosistema, che anche la gente comune forse conosce, ma spesso si riduce ad un racconto adatto per i bambini, che non riguarda i grandi problemi dell’economia, ma solo quello di non gettare i mozziconi per terra e lavarsi bene le mani. La protezione dell’ambiente spesso si riduce a vuota retorica piena di vacuo perbenismo.

L’ecosistema è un’unità strutturale e funzionale ove le parti interagiscono; molti lo paragonano ad un grande organismo in cui gli organi interagiscono, ma il paragone è vero solo in modo molto approssimativo.

Il prato (produttori), la pecora (consumatori primari), il lupo (consumatori secondari), insieme ai batteri che riciclano i nutrienti (decompositori) interagiscono, ma le interazioni sono molto più lasse che nell’organismo. Si parla di “omeoresi” riferendosi al mantenimento dell’equilibrio dell’ecosistema, contrapposta all’”omeostasi” che si riferisce al mantenimento dell’equilibrio nell’organismo. Per capirci è molto più complicato trapiantare un organo in un organismo che non sostituire una specie in un ecosistema perché i meccanismi di autoregolazione nell’organismo (omeostasi) sono molto più forti che non i meccanismi di regolazione all’interno dell’ecosistema (omeoresi). Spesso nell’ecosistema le sostituzioni (immissione di specie aliene e scomparsa di specie autoctone) avvengono, ma quasi non ce ne accorgiamo, finché qualche specie aliena (esempio il virus o la zanzara) non viene a interferire pesantemente con le attività umane. In effetti il coronavirus è una specie aliena, che cambia specie ospite (salto di specie), cambia luogo, e dall’Asia, o chissà da dove, arriva in Europa e nel mondo.

Per l’ecologo lo scoppio della pandemia è una naturale risposta dell’ecosistema ad una situazione in cui una specie, l’Homo sapiens, trovandosi a competere con le altre specie presenti nell’ecosistema (virus, batteri o insetti), ingaggia una lotta per la sopravvivenza. Tale lotta la natura talvolta la risolve con la simbiosi, l’esempio più evidente è la simbiosi tra piante e animali, ma prima di arrivare alla simbiosi si scatena una competizione feroce, che si può risolvere con l’estinzione di specie a scapito di altre o con lo stabilirsi di un equilibrio in cui i diversi attori convivono. Il predatore o parassita dopo aver colpito i soggetti più deboli e già malati favorisce l’eliminazione dei patrimoni genetici meno adattati, e consente alla preda o all’ospite di sopravvivere, generando un equilibrio. Parlando del coronavirus, è evidente che il fatto che sia un parassita nuovo per la specie Homo sapiens, una volta introdotto nell’ecosistema interagisce in modo violento con l’ospite che non ha ancora evoluto i sistemi immunitari e colpisca i soggetti più deboli. Diversi fattori stressanti, come l’inquinamento dell’aria, con l’elevata concentrazione del PM10 che si osserva in Pianura Padana, compromettono l’apparato respiratorio su cui il virus ha più facilità a proliferare.

E’ interessante notare che in questi giorni il PM10 è stato ben sotto il valore soglia di 50 mg/m3 (DL 13/8/2010, n 155), con un valore medio 26/3/2020 . 20 mg/m3, mentre fino a poche settimane fa era superiore al valore soglia. Alcuni esperti dicono che non ci sono per ora correlazioni statistiche tra PM10 e numero di contagiati, ma al di là del PM10 è evidente che il virus colpisca i più deboli e tutti i fattori che determinano debolezza nell’ospite vanno controllati se si vuole fare una seria lotta al virus. Fattori non trascurabili sono anche la temperatura e l’umidità dell’aria (Seasonality of Respiratory Viral Infections. By: Moriyama, Hugentobler & Iwasaki. Annual review of virology    Published: 2020-Mar-20) che spiegherebbero perché il virus (per ora almeno) abbia risparmiato l’area intertropicale.

Allora che fare ? Il virus molto probabilmente non si riuscirà ad eliminarlo, ma anche se si riuscisse a eliminarlo completamente i principi ecologici ci dicono che o prima o poi viene fuori qualche altra diavoleria, perché non vengono meno le cause che ne hanno determinato l’esplosione. Possiamo solo scendere a patti con i virus e i batteri e cercare di convivere con essi.

Ma che significa convivere col virus ? Significa che dobbiamo lasciar morire i più vecchi, i più deboli, perché questa è la legge ecologica del rapporto predatore-preda, parassita-ospite ?

Pur essendo ecologi non ci ha mai entusiasmato il considerare l’uomo solo un semplice consumatore nell’ecosistema, ma se è vero che l’uomo è una specie speciale pur tuttavia deve sottostare alle grandi leggi della natura. Di fatto la lotta per la sopravvivenza del più atto è sempre stata una profonda realtà, a cui l’Homo sapiens non si è potuto sottrarre; gli esseri umani più deboli vengono quotidianamente a soccombere, per le più diverse cause, al di là del virus. Il fenomeno in atto delle migrazioni, (le migrazioni sono un altro tema fondamentale dell’ecologia), è una chiara conseguenza delle insopportabili condizioni ambientali in cui molti umani sono costretti a vivere in varie parti del mondo, che li costringe alla emarginazione. L’uomo ha anche un’etica, ma se l’etica vuole contrastare la legge ecologica della lotta per la sopravvivenza, non può ignorare le leggi della natura che includono le diverse forme di interazione tra popolazioni (competizione, parassitismo, predazione). L’etica deve avere come obiettivo finale la simbiosi tra specie, ma alla simbiosi sia arriva solo con una gestione oculata dell’ecosistema, che può regolare le altre forme di interazione, ma non le può eliminare

Allora che si deve fare ? Solo più posti di terapia intensiva, più investimenti per vaccini e farmaci, più disinfezioni ? L’affermazione che di fronte alla salute non bisogna badare a spese, è per lo meno ingenua, perché se si fa più debito per le maggiori spese, prima o poi questo andrà ripagato; giusto spendere in emergenza per salvare vite umane, ma attenzione che se non si rimuovono le cause che determinano gli squilibri il denaro sarà sprecato e la guerra sarà persa.

Meditando sui dati della popolazione mondiale e della mortalità (26 marzo 2020 da https://www.worldometers.info/it/) si vede che sebbene i morti per coronavirus (541 il 27 marzo in Italia da https://www.ilsole24ore.com/art/coronavirus-italia-lombardia-ultimi-dati-27-marzo-AD5AQPG) abbiano valori molto preoccupanti, sono comunque solo un problema in più tra i tanti che la sovrappopolazione mondiale deve affrontare.

La verità è che possiamo e dobbiamo fare ogni sforzo per ridurre i danni, ma dobbiamo essere consapevoli che questa è un’emergenza, e le cause del problema sono complesse e radicate in gravi errori commessi negli ultimi decenni, con una politica dello sviluppo che premiando solo la crescita del PIL ha generato molti squilibri come la concentrazione della popolazione mondiale in grandi conurbazioni, la scarsa attenzione al riciclo dei prodotti. Una altra legge dell’ecologia è che l’energia fluisce nell’ecosistema, ma la materia circola, e se non la si fa circolare si accumula come si vede bene nelle isole di plastica che ormai si osservano degli oceani.

Gli sforzi per ridurre i danni devono essere “diversificati” in più direzioni, e soprattutto è necessaria una campagna atta a sradicare tutte quelle cattive abitudini che hanno determinato lo stress negli ecosistemi e la conseguente la proliferazione del virus. I virus sempre ci saranno, ma la loro virulenza è determinata dalla situazione ambientale e dallo stato di salute degli individui.

In questi giorni vediamo che profondi cambiamenti nelle abitudini non sono poi così drammatici, certo contribuiscono a ridurre l’inquinamento dell’aria.

Un grande applauso pertanto agli sforzi e alle misure drastiche intraprese, ma non dimentichiamo che una volta passata la bufera, e passerà certo, grazie anche allo sforzo eroico di chi opera negli ospedali, certi modi di vita cambiati andranno mantenuti, pena l’arrivo di un nuovo cavaliere nero (o cigno nero se si preferisce). In questi giorni si discute quali attività umane siano essenziali e quali no; perfetto; ciò significa però che molte attività sono allora inutili, io aggiungo, alcune sono anche nocive alla salute e allo spirito. Sarebbe allora il caso di approfittarne e decidere anche quali attività umane elevano la spiritualità dell’uomo e quali la degradano e fare una selezione di quali attività mantenere e quali sopprimere anche quando l’epidemia sarà finita.

Foto da rinnovabili.it

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