Addio a Vittorio Gregotti. Non si sentiva archistar, ma era il patriarca

Addio a Vittorio Gregotti. Non si sentiva archistar, ma era il patriarca

Era più di un archistar, ma non si sentiva affatto tale e rifuggiva da questa definizione. Vittorio Gregotti, patriarca degli architetti italiani, famoso in tutto il mondo per le sue opere, se ne è andato a 92 anni, ghermito da complicazioni di una polmonite da Coronavirus. Risiedeva a Milano, dove aveva studio, ma con Novara, dove era nato, manteneva stretti legami di amicizia e affetto. Nella città d’origine, dove aveva mosso i primi passi professionali nell’azienda di famiglia, ha lasciato tracce della sua poliedrica attività architettonica, che ha avuto espressioni dl altissimoprofilo in tutto il mondo: da Parigi a Tokyo, dalla Cina a Barcellona dove tra l’altro progettò lo stadio olimpico.

Non era soltanto architetto, ma anche un grande urbanista. Sapeva guardare oltre i grattacieli e le opere monumentali per pianificare nuovi e futuri modelli di vita coesistente tra città e campagna. La sua visione della città periurbana sfociò in un saggio e in un progetto riguardante il Parco Agricolo Milano Sud. Con il mondo culturale novarese aveva intessuto e coltivato rapporti d’amicizia personali e duraturi. Qualche anno fa era intervenuto a Milano durante una commemorzione in ricordo di Sabastiano Vassalli. Si era detto interessato alla realizzazione del “Museo della Chimera” ispirato ad Antonia, la protagonista del romanzo con il quale lo scrittore di Novara vinse il Premio Strega.

 

 

 

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