Venti polli pro capite, il consumo supera le carni rosse

Venti polli pro capite, il consumo supera le carni rosse

di Enrico Villa

Il Fibronil e l’Amitraz, che hanno all’improvviso “aggredito” l’avicoltura, hanno riacceso nei consumatori l’attenzione per l’allevamento intensivo dei polli e la produzione di uova. La Regione Piemonte, (sul territorio funzionano 95 allevatori, numerosi anche con caratteristiche industriali) ha predisposto un ampio vademecum che si raccorda al Protocollo di intesa ministeriale su un piano di autocontrollo rafforzato negli allevamenti di galline ovaiole, con l’adesione prescritta entro il 15 ottobre e che rimarrà in vigore fino all’11 settembre 2019. La prova di quanto siano importanti gli allevamenti avicoli, cui si aggiungono strutture simili in Lombardia (17%), in Veneto e in Romagna (16), è venuta da un recente convegno indetto dalla Camera di Commercio di Cuneo. Questa assise specialistica ha snocciolato dati davvero interessanti nell’ambito dell’agroalimentare piemontese: appunto 95 aziende che assicurano lavoro a 700 dipendenti cui si chiede una solida formazione anche biologica per badare a 15 milioni di pennuti i quali producono un fatturato annuo di 130 milioni di euro.

Il contesto nazionale sembra ancora più interessante. Rispetto a mezzo secolo fa, gli italiani consumano pro capite 20 chilogrammi di carni avicole contro i 17, 5 di carni rosse bovine e 218 uova di cui 142 vanno alle pasticcerie nonché ad una vasta gamma di alimentari. Per quanto riguarda le uova (una su due sarebbe bio) i 3.400 allevamenti con 42 milioni di galline producono 850.000 tonnellate di uova corrispondenti a un valore di 1,2 miliardi di euro. “L’Italia – annota il Sole 24 Oreè più che autosufficiente per il proprio fabbisogno con una percentuale di produzione e consumo pari al 106%.“.Meno ottimista è l’Ismea che, dal canto suo, evidenzia: Quest’anno la produzione mondiale di carni avicole potrebbe superare i 100 milioni d tonnellate, e il contributo dei paesi dell’America del Nord e del Sud sarà probabilmente pari al 44%. E ancora: nel 2013 gli Stati Uniti sono stati il principale produttore di carne di pollame anche se il suo tasso di crescita tende a diminuire. L’industria brasiliana, invece, ha aumentato la sua quota produttiva di quasi il 6% annuo.

Inoltre l’ISMEA pubblica una tabella di 13 possibili competitori dove l’anno scorso la produzione di carne avicola, a quanto pare la più gradita dalle popolazioni mondiali, secondo una stima è stata di 89,33 milioni di tonnellate. Sul mercato internazionale per insidiare il primato italiano si potrebbero affacciare Turchia (1,99 mil/ton), Cina (13,10), Brasile (13,48), Stati Uniti (18,36), paesi della Ue (10,84), India ( 4,2), altri (15,15).

Negli ultimi anni, all’incremento delle produzioni avicole, diventato sempre più rapido per ammortizzare i capitali investiti e la domanda dei consumatori, ha corrisposto un aumento delle regole di conduzione degli allevamenti come il memorandum della Regione Piemonte e le leggi votate dai consigli regionali, i regolamenti comunitari, i decreti nazionali nonché l’azione decisa degli animalisti i quali hanno ottenuto altre regole e divieti. Un contributo rilevante è anche stato dato dai servizi veterinari delle ASL. L’elenco degli obblighi per chi alleva galline ovaiole e polli da carne è stato aperto dalla Fao. Essa ha ammonito le aziende a tenere in debito conto sei o sette punti: sanità degli animali, rapporto fra medicinali adoperati e pennuti, alimentazione degli stessi polli allevati, benessere dei soggetti, formazione del personale impiegato….

Queste indicazioni di carattere mondiale e che possono avere importanza per la eventuale concorrenza nell’export, in realtà sono state mutuate dal “corpo legislativo” relativo agli allevamenti avicoli. In primo luogo, i regolamenti Ue emessi negli ultimi anni Novanta e nei primi anni Duemila, quindi le leggi regionali già richiamate e quelle nazionali comprendendo anche il protocollo di autocontrollo, emesso dal ministero delle Politiche Agricole, già in vigore e che scadrà fra due anni.

Inoltre va anche ricordata l’azione degli animalisti la quale, appunto, si riferisce alle indicazioni della Fao nonché alle preoccupazioni di medici e veterinari di numerose ASL italiane sugli eccessi di antibiotici. Quando queste sostanze vengono utilizzate in abbondanza per stroncare epidemie avicole, attraverso le carni dei polli e/o le uova finiscono nei consumatori creando in loro malesseri anche gravi. In origine, secondo gli animalisti, la “vita da pollo” senza soluzione di continuità fra giorno e notte è una “vita grama” iniziando dalle gabbie dove gli animali sono stipati. Però, dal 2012 con nuove indicazioni la situazione è un po’ cambiata, mentre lo stesso non è accaduto per gli allevamenti intensivi. Per produrre rapidamente carne, i polli hanno riservato uno spazio nei capannoni attrezzati a pollaio corrispondente ad un foglio largo come quelli utilizzati normalmente per le stampanti. I risultati, secondo gli esperti, non sono del tutto positivi e determinano molti guai. Anche nella grande distribuzione, che ha sempre più imboccato la strada dei polli arrosto ordinati “al momento”, gli animali non finirebbero nel nostro piatto sanitariamente sicuri.

polli

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