Se la discarica d’amianto “macchia” la fama del riso Dop di Baraggia

Di Gianfranco Quaglia

Assaggereste un risotto cucinato con l’unico prodotto Dop europeo, il riso di Baraggia biellese e vercellese, consapevoli che accanto ai terreni sui quali cresce è stata realizzata una discarica per contenere due milioni di metri cubi di amianto?
In questa torrida estate l’interrogativo se lo pongono gli abitanti e gli agricoltori che coltivano nel Comune di Salussola (Biella), uno dei 28 paesi compresi nell’area di produzione del primo riso Dop rinosciuto in Italia e in Unione europea. La domanda è provocatoria, ma il dubbio è legittimo, almeno sino a quando non ci sarà certezza che il progetto d’insediamento non garantisca protezione assoluta di incontaminazione. Assicurazione confermata dall’industria che ha chiesto al Comune l’acquisizione dei terreni, ma non è bastata a convincere gli abitanti, riuniti in un comitato che per il momento ha spinto gli amministratori a sospendere ogni decisione. Il Comitato Salussola Ambiente è Futuro parla di “sconcerto per questo progetto da realizzarsi su suolo agricolo incontaminato, destinato a coltivazioni di eccellenza, e inserito in un contesto che è espressione dell’identità culturale locale”. In un botta e risposta delle parti i proponenti sostengono che l’area necessità di una valorizzazione naturalistica e che ne uscirà addirittura migliorata. Al contrario il Comitato accusa: “La verità è che questa discarica rappresenta un attentato ala salute delle persone e dell’ambiente, perché realizzata scavando per 15 metri e salendo in elevazione di 17 sopra al piano di campagna, secondo un modello desueto e superato sia dell’esperienza che dalle indicazioni dell’Ue e della Regione, le quali promuovono il confinamento in profondità, nelle miniere, al fine di minimizzare la dispersione di fibre nell’atmosfera”.
Il progetto sarà ridiscusso dalla Conferenza dei servizi a settembre. Ma nel frattempo il tema agita i sonni estivi di abitanti e agricoltori. Questi ultimi hanno combattuto tanti anni per ottenere il riconoscimento del riso Dop e ora temono che venga “macchiato” dalla presenza di un insediamento che nulla c’entra con il paesaggio, la tradizione e l’eccellenza del loro prodotto.

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