Quei “lieviti selvaggi” ospiti indesiderati della birra

Quei “lieviti selvaggi” ospiti indesiderati della birra

di Marinella Rodolfi *

Avete presente quella imbarazzante situazione dell’ospite inaspettato che improvvisamente si presenta alla nostra cena importante? Abbiamo curato tutto nei minimi dettagli, il menù, l’atmosfera e soprattutto la sistemazione degli invitati a tavola e… eccolo, lui si insinua a sorpresa, difficile prevedere cosa succederà. Ebbene, tutto questo può accadere anche al più esperto dei birrai mentre si dedica alla produzione della sua miglior birra. L’ospite a sorpresa si chiama selvaggio, per la precisione è un lievito selvaggio e, per complicare ancora di più la questione, può portare anche un amico!

I lieviti selvaggi nulla hanno a che vedere con i lieviti “tecnologici”, ossia quelli selezionati per la produzione della birra, siano essi ad alta o a bassa fermentazione. Sono dei contaminanti di origine ambientale, abilmente capaci di insinuarsi nei processi fermentativi dell’orzo per poi divenire invasori anche di attrezzature e macchinari. Possiedono, purtroppo, tutte le principali caratteristiche del contaminante fastidioso: sono robusti e resistenti, difficili da individuare e contenere, responsabili di varie alterazioni della birra che si traducono in veri e propri difetti. Sono due i principali lieviti selvaggi, Brettanomyces/Dekkera e Saccharomyces var. diastaticus. A causa loro la birra può presentare torbidità, eccesso di schiuma e di anidride carbonica, e soprattutto alterazioni gusto-olfattive talmente pesanti da rendere il boccale imbevibile.

Nell’ambito dell’evento digitale BBTech-expo del 12-13 aprile, insieme con Giovanni Campari (lui esperto di birra, io  di muffe/lieviti) ho dialogato dialogato su questo argomento (disponibile sul canale Youtube bioMerieuxTV https://www.youtube.com/embed/bdCdpBlT8X8). Durante la discussione, ci siamo rodolfi marinellaconfrontati anche su altri aspetti importanti per i produttori di birra, inerenti alle contaminazioni da batteri e da muffe di campo tossigene. Ne è emersa l’importanza di continuare ad approfondire le conoscenze di questi microrganismi e, fortunatamente per i birrai, di avere a disposizione nuove tecniche diagnostiche per la loro rapida ed affidabile individuazione. A tal riguardo, grande è l’impegno di bioMérieux, azienda familiare fondata nel 1963, la cui esperienza in microbiologia affonda le sue radici in una storia imprenditoriale di oltre un secolo iniziata da Marcel Mérieux, ex studente di Louis Pasteur. Questa azienda, leader mondiale nel controllo microbiologico in campo agroalimentare, ha recentemente acquisito la società Invisible Sentinel®, mettendo la propria esperienza microbiologica al servizio dei birrifici e proponendo una gamma di soluzioni basate sulla tecnologia PCR (per maggiori informazioni: https://go.biomerieux.com/It-Invisible-Sentinel-LP-Beer). Grazie al nuovo strumento Veriflow, sarà possibile effettuare in meno di 3 ore l’identificazione proattiva dei sopra citati lieviti selvaggi, oltre che di batteri dannosi quali Pediococcus e Lactobacillus resistenti al luppolo, Megasphaera e Pectinatus.

Anche nel campo della birra, quindi, lo stretto rapporto tra ricerca ad applicazione sta permettendo sempre più di migliorare la qualità in ogni fase del processo e di “far dormire sonni tranquilli” ai produttori, relativamente al rilascio della propria birra sul mercato, con costante garanzia di elevati standard di qualità.

Nella foto: Marinella Rodolfi, Giovanni Campari e il moderatore del webinar, Davide Pierattoni

 

* Biologa micologa, professore a contratto in micologia e parassitologia

 

 

 

 

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