Quei cibi “consolatori” ci hanno addolcito il confinamento

di Gianfranco Quaglia

Dimmi come e che cosa mangi e ti dirò chi sei. Il cibo specchio dell’anima e dei comportamenti, soprattutto ai tempi del Coronavirus. Due studi, l’uno di Nomisma, l’altro del Centro di ricerca Engage Minds Hub dell’Università Cattolica di Cremona, e diffuso da Sostenisario, sezione del Golosario di Paolo Massobrio, mettono a nudo la capacità di reazione e gli effetti psicologici determinati dal Covid-19. Il primo, che ha indagato un campione di 1100 italiani, ha fatto registrare un aumento del 40 per cento di acquisti di ingredienti, farine e lieviti in primo piano, così come i prodotti a lunga conservazione. In ascesa anche il biologico (+11% nei supermercati).

Ma ancora più interessante e indicativo è il dato che emerge dalla ricerca dell’Università cremonese. Riguarda l’impatto sulle percezioni dei consumatori, tra psicosi e “engagement”, ovvero la capacità di elaborare le preoccupazioni legate allo stato di emergenza. In generale lo studio rivela come solo il 16 per cento degli intervistati sia in uno strato di equilibrio psicologico e capace di reagire in modo sinergico. In particolare i cittadini definiti “in allerta” per la paura della pandemia hanno fatto scorte di cibo in maniera maggiore rispetto alla media degli italiani. Da un punto di vista psicologico soprattutto nel Nordovest e nel Nordest i consumatori hanno puntato su alimenti definiti “di stock” (come riso, pasta, latte, conserve, ortaggi, surgelati, uova), e cibi “di comfort” (mozzarella, formaggi, prosciutto crudo). Insomma, cibi consolatori, tranquillizzanti, compensativi. Ma è soprattutto un cibo che è letteralmente esploso nel Nordovest, cioè l’area più colpita dal coronavirus: la farina di frumento, con un aumento del 101 per cento. Il che significa che le famiglie si sono date ai dolci, alle paste fatte in casa. Un ritorno alle antiche abitudini.

You must be logged in to post a comment Login