Quando il riso non fa buon sangue

di Gianfranco Quaglia

Il riso fa buon sangue. Quante volte l’abbiamo sentito dire! Ma qualche volta non è proprio così. Anzi, troppo riso rischia di far male. Può accadere che ilcereale più consumato al mondo possa trasformarsi in un problema. La causa? L’indice glicemico, che misura la velocità con la quale un alimento provoca un incremento della glicemia. In alcune varietà presenta tassi elevati tali da essere a rischio per i diabetici.

Partendo da queste considerazioni l’Ente Nazionale Risi ha lanciato un progetto di ricerca ad ampio raggio per individuare le varietà con un maggior carico di “IG” e quelle più adatte ai diabetici. Lo studio tende a scoprire i genotipi dotati di minor indice e utilizzarli nei futuri programmi di miglioramento genetico per lo sviluppo di nuove varietà adatte anche ai consumatori diabetici.

Filip Haxhari, dirigente del Dipartimento miglioramento genetico del Centro Ricerche Ente Nazionale Risi: “Questo progetto si propone di caratterizzare 25 varietà di cui Ente Risi è responsabile, scelte tra quelle più apprezzate da agricoltori e consumatori. L’indice glicemico sarà valutato in vivo, ovvero su pazienti volontari, misurando la risposta glicemica a seguito del consumo delle diverse varietà nei confronti di un alimento di riferimento (pane bianco). L’indagine durerà due anni e sarà condotta in collaborazione con l’Azienda di servizi alla persona, Istituto Santa Margherita, Università di Pavia”. 

In Italia sono circa 3,5 milioni le persone affette da diabete, cioè il 5,8 per cento dell’intera popolazione. Percentuale che raggiunge il 16% tra gli ultrasessantacinquenni. A livello europeo sono oltre 56 milioni gli adulti tra i 20 e i 79 anni colpiti dalla malattia (8,5%). Insomma, un’ampia fascia di potenziali consumatori.

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