Per il maiale più dignità e tutela con la Classyfarm

Per il maiale più dignità e tutela con la Classyfarm

maialidi Enrico Villa

Si calcola che nel mondo i suini allevati siano circa un milione, con aziende specializzate in numero proporzionale, operanti negli Stati Uniti e in Cina. A Pechino e nelle altre regioni cinesi, nel 2019 l’anno del maiale secondo la simbologia nazionale, la carne di maiale e gli insaccati costituiscono una base dell’alimentazione popolare. Anche in Europa per tradizione risalente all’epoca longobarda e al Rinascimento, l’allevamento e l’arte dei salumieri, basata sulla salatura per la conservazione della carne non cotta di porco, era stata ed è preminente. E da questa stessa arte sono derivati i prosciutti crudi e cotti come quelli di Parma, di San Daniele, di Norcia diventati un cibo imbattibile del made in Italy.

Anche il nostro Paese si distingue per la suinicoltura, sia per il consumo interno che per l’esportazione. Infatti, sia pure con flessioni periodiche intorno al 10% circa, le aziende del settore lavorano a pieno ritmo in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Veneto. La Fao monitora con attenzione il comparto sia a livello regionale che mondiale. Il riflesso della sua importanza si riscontra nei consumi pro capite di carne suina fresca o insaccata: circa 29,4 chilogrammi per persona con una flessione del 10% e, nei periodi peggiori, con una attestazione diminuita di 17,7 pro capite. Diversamente in Europa dove prevale il consumo in carne fresca di suino: in Danimarca 109 chilogrammi, in Portogallo 161, in Spagna 99,5, in Francia 85, in Germania 86. Negli Stati Uniti sul consumo di carne intorno ai 222 chilogrammi pro capite, il consumo di suino pro capite si aggira sui 55 chilogrammi.

Ultimamente, gli animalisti hanno fatto sentire di più la loro voce sul presunto scarso interesse sul benessere degli animali allevati, recentemente anche insidiati dalla peste suina la quale può contagiare i cinghiali, un un po’ capostipite naturale dei suini domestici. Infatti, come anche hanno rilevato gli esponenti delle associazioni degli allevatori già le regole vigenti mettono un freno alle indiscipline presunte delle aziende dei suini. Fra le altre il regolamento CE 3200/84 sulla carne fresca e il più recente D.Lgs 122/2011 sul tema del benessere suino parte di un allevamento che, fra l’altro, produce fattori di inquinamento nell’aria e sui terreni circostanti. Tuttavia, entro la fine di quest’anno gli allevatori di suini dovranno aderire al progetto comunitario Classyfarm che, stando alla proposta originaria, dovrà esaurirsi entro un anno, ossia entro il primo 2020, in modo da dimostrare di aver messo in atto tutte le soluzioni possibili, anche quelle che stanno suscitando polemiche veementi negli animalisti. Infatti negli allevamenti sono in atto due pratiche brutali: il taglio della coda degli animali e la castrazione dei maschi. Sia nell’un caso che nell’altro le pratiche si esauriscono senza anestetico che – è il giudizio di veternari e di allevatori – riduce sensibilmente la resa degli animali, in ogni caso destinati al macello completato il programmato periodo di ingrasso. Sul mancato benessere dei suini allevati, lo scorso anno era intervenuto il Ministero della Salute e la Commissione Europea che avevano rilevato: 1) una strategia finalizzata a ridurre la morsicatura della coda, evitandone così i mozzamenti senza provvedere all’eliminazione del dolore nell’animale. L’eliminazione della coda è dovuta al fatto che i suini la morsicano, considerandola una attraente protuberanza; 2) con la Classyfarm che entrerà in vigore entro il 2018 e che si esaurira nel 2020, dovrebbero essere garantite pulizia, comfort termico, qualità dell’aria, competizione per il cibo e lo spazio, stato di salute, alimentazione nonché per valutare modifiche concrete ai sistemi gestionali o ambientali prima degli interventi del taglio della coda.

Se considerato dall’esterno e senza cognizioni di agronomia e di veterinaria, un medio o gande allevamento di suini può apparire una sorta di girone d’inferno dove il fine ultimo è l’annientamento degli animali prescindendo dalla loro sofferenza, però anche nobilitati dai cartoni animali negli Stati Uniti o in Russia nonché dalle favole dei tre porcellini. In realtà, fatto salvo un maggior benessere degli animali come auspica la Comunità Europea, gli oltre 130 mila suini allevati in Italia (in provincia di Brescia più animali che persone) rappresentano una ricchezza sia per il valore in sé che per l’alimentazione, in primis il prosciutto crudo e cotto dove, incominciando dagli etruschi e dai romani i nostri salumieri e salatori sono diventati maestri. In Italia e all’estero, oltre il 49% di prosciutto crudo e cotto è di provenienza nazionale. Dietro hanno una storia che incomincia dagli egizi, comprende Aristofane e Ippocrate e culmina nel V e VI secolo quando le foreste italiane erano popolate di suini allo stato brado che consumavano solo ghiande. Fu allora che i nostri contadini si misero ad allevare uno o più suini, imparando, come i salumieri, a ricavare i prosciutti dalle cosce posteriori del maiale pesante oltre i 150 e 160 chilogrammi. Già allora con procedimenti e con l’aggiunta di moderne tecnologie sussiste oggi il perex suctum, ossia il prosciutto asciutto di carne essiccata è diventato uno dei principali ingredienti della gastronomia italiana. Però, con l’accortezza di rispettare gli animali, talvolta imprigionati in anguste gabbie singole solo per farli ingrassare al punto giusto.

 

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