Olivero: per la Borgogna italiana la Pac non sarà avara

Olivero: per la Borgogna italiana la Pac non sarà avara

di Gianfranco Quaglia

La <Borgogna italiana>. Cosandreaoliveroì è il Piemonte visto da Andrea Olivero, piemontese, ex presidente nazionale Acli, da qualche mese viceministro alle Politiche Agricole. E aggiunge: <Una regione al vertice della storia agroalimentare del nostro Paese>.

 

Sen. Olivero, lei si riferisce alla potenzialità dei vini?

<Non solo. La viticoltura è l’elemento trainante di una regione che sta scommettendo molto sull’agroalimentare. Si parte dai suoi vini di indiscussa qualità, ma non bisogna dimenticare il resto: riso, formaggi, allevamento, lattiero-caseario, nocciole, tartufo. In questi ultimi anni il Piemonte ha compiuto un grosso sforzo, deve continuare su questa strada e scommettere ancora di più>.

 

In questi giorni si stanno definendo i parametri alla base della distribuzione dei contributi della nuova Pac. Quale scenario si prospetta per le aziende agricole piemontesi?

<C’è ancora un po’ di confusione in proposito, ma siamo alla stretta finale, questione di pochi giorni e poi ci sarà la decisione. Per il Piemonte direi che si mette bene. Il nostro obiettivo è stato quello di sostenere le produzioni caratteristiche, ad esempio la zootecnia, regina del settore agricolo, con un rilievo di eccellenza sia per il latte sia per i bovini macellati. Ma abbiamo posto attenzione anche al settore degli ovicaprini. E alla coltivazione della soia>.

 

Perché proprio la soia?

<Qualcuno ha storto il naso. Ma c’è un collegamento diretto con l’allevamento e la salute. Se noi vogliamo mangiare ogm free dobbiamo incentivare anche la coltivazione della soia non transgenica, finalizzata all’alimentazione animale. Sarebbe assurdo se ci trovassimo nella condizione di non poter garantire coltivazione non transgeniche. Su questo punto non deroghiamo e la recente sentenza emessa dal Tar del Lazio ci conforta e ci dà ragione>.

 

Il Piemonte è anche la capitale europea del riso, un comparto messo a dura prova dalla concorrenza e dalle importazioni dall’Oriente. Che cosa si fa per difenderlo?

<E’ un tema in primo piano. Abbiamo battagliato non poco, ma riusciremo a portare a casa il risultato degli aiuti così come si aspettano gli agricoltori>.

 

Insomma, una Pac positiva per le aziende agricole piemontesi?

<Nell’insieme sì. Il Piemonte a regime (2020) avrà una dotazione di un miliardo e 750 milioni di euro, sarà la terza regione in assoluto con una crescita in contributi del 7 per cento. Lombardia e Puglia, ad esempio, alla fine ne usciranno con una perdita. Il Piemonte, invece, riesce a essere salvaguardato. E’ stata premiata la forte vocazione agroalimentare, sulla quale si è puntato in questi ultimi anni. E di questo sono molto fiero. Attenzione però: la Pac non deve essere considerata un sistema d’incasso, ma una prospettiva d’investimento>.

Agricoltura con il freno a mano tirato dalla burocrazia. Troppi i vincoli e i controlli. Che cosa si sta fcendo per ovviare?

<Come Ministero faremo proposte molto forti per la semplificazione, sburocratizzando il più possibile. Ci sarà un pacchetto anti-burocrazia anche per il settore vitivinicolo. Opereremo per avere un registro unico dei controlli, ponendo fine alla ripetivitià da parte di molti soggetti che operano gli stessi interventi. Anche la riforma del Titolo V ci darà un aiuto in questo senso>.

 

Expo, la grande occasione. Il Piemonte si sta preparando all’evento?

<Sarà una grande opportunità, ma vogliamo capire bene. Non intendiamo Expo come una grande fiera, ma un luogo dove possiamo presentare al mondo la nostra idea di sviluppo agroalimentare. Il Piemonte, vicinissmo e confinante con il luogo dell’evento, deve lavorare per presentarsi bene all’appuntamento. Il progetto deve portare una parte di visitatori a vedere le eccellenze che stanno dietro ai prodotti. Stiamo chiedendo a produttori ed enti di organizzarsi e partecipare. Nei sei mesi di Expo il Piemonte non venderà soltanto qualità ed eccellenze, ma dovrà presentare il territorio e la sua storia. Chi viene a Expo deve incontrare la qualità globale del territorio. In quest’ottica il Piemonte ha molto da dire. Vede, un giorno o l’altro in Cina costruiranno la collinetta giusta per coltivare e produrre il Barolo, aspettiamocelo. Ma i cinesi non avranno mai i nostri castelli, il nostro panorama e la nostra storia. Loro non li avranno mai, noi sì, e noi dobbiamo puntare su questo patrimonio>.

 

A più riprese lei ha ribadito che occorre uscire dalla logica del lobbismo per privilegiare la scommessa sulla qualità. Sarebbe a dire?

<Non dobbiamo chiuderci in quelli che possono essere interessi particolari e che portano nell’immediato a un risultato economico. Dobbiamo invece sempre di più giocare su una logica di qualità e abbandonare quella della spartizione. Il sistema agroalimentare italiano rappresenta il 17% del Pil. Saremmo folli se ci accontentassimo di amministrarlo. Quindi no a un lobbismo finalizzato a uno status quo, ma sì a una crescita per lo sviluppo>.

 

 

You must be logged in to post a comment Login