La guerra del Basmati tra India e Pakistan ricadrà sull’Italia

di Gianfranco Quaglia

La parola guerra, in questi tempi, evoca subito i conflitti in Ucraina e nella striscia di Gaza. Ma si è affacciata
un’altra guerra, neppure troppo sotterranea, tra India e Pakistan, i cui effetti commerciali potrebbero
ricadere sull’Europa e in particolare sulla nostra risicoltura. Al centro di questa disputa senza esclusioni di
colpi, che coinvolge direttamente Bruxelles, c’è il Basmati, la varietà coltivata nel Sudest asiatico: ogni anno
circa 200 mila tonnellate arrivano dal Pakistan, 100 mila dall’India. Il Basmati, tipo profumato, piace molto
alle nuove generazioni. I produttori di quei due Paesi lo sanno e stanno spingendo per incrementare
l’esportazione. Ora accade che il Pakistan, di recente, ha richiesto all’Unione Europa il riconoscimento della
Igp (Indicazione geografica protetta) Basmati alla Commissione Europea, richiesta analoga a quella
presentata dall’India nel 2020, che ora sta studiando una strategia per contrastare Islamabad. I pakistani,
infatti, vogliono estendere l’indicazione geografica da 14 a 48 distretti di coltivazione, a conferma
dell’intenzione di aumentare l’export e spegnere ogni tentativo di rivalsa da parte di Nuova Delhi. La
registrazione della Igp viene definita fondamentale per l’accesso ai mercati europei, a cominciare dai
vantaggi sugli sgravi tariffari. Ma quali sarebbero le conseguenze per la risicoltura made in Italy? Enrico
Losi, esperto di mercati interazionali, sull’ultimo numero de “Il Risicoltore”, la testata house organ di Ente
Nazionale Risi, mette in evidenza i pericoli: “Il prodotto indiano potrebbe soppiantare il riso di tipo Indica
comunitario utilizzato pe contorno esattamente come il Basmati, pur non presentandone il profumo. Infatti
molti consumatori europei che oggi optano pe ril pilù economico Indica comunitario a fronte del Basmati
non Igp domani potrebbero essere disposti ad abbandonarlo, riconoscendo il valore aggiunto garantito
dalla certificazione Igp. Un aspetto che potrebbe avere dei risvolti negativi anche per il comparto agricolo
perché una minor domanda di riso tipo Indica comunitario comporterebbe l’abbassamento della
valorizzazione della produzione, seguito all’aumento della produzione di Japonica poiché i risicoltori non
troverebbero valide alternative alla coltivazione del riso”. Il che potrebbe causare un conseguente calo
dell’apprezzamento commerciale anche di questa coltivazione.

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