Ogni secondo scompaiono quattro metri quadrati di suolo

Ogni secondo scompaiono quattro metri quadrati di suolo

di Enrico Villa

Allarme dell’Ispra con il report 2016 sul consumo del suolo: se andremo avanti così, in Italia scompariranno terreni al ritmo di 4 metri quadrati al secondo che significano 35 ettari al giorno di “buon terreno“, oppure 250 chilometri quadrati nel prossimo biennio. “E – commenta l’Ispra – questo ritmo sostenuto che, a quanto pare, si esaurirà nei prossimi 25 anni (ndr.: vale a dire circa nel 2050 circa) ci costerà 800 milioni di euro“. In gran parte il suolo, per cui già esiste un disegno di legge approvato dalla Camera ma non ancora dal Senato, sarà divorato dal grande disordine edilizio cui si aggiungono terremoti, frane e altri accidenti derivanti dai progressivi disastri ambientali. A scontare i danni, per primi saranno l’agricoltura nazionale e il paesaggio che è sempre più diventato una leva turistica.

Nell’ambito di questo dissesto anche rientrano, specialmente in collina e in montagna, i terreni incolti abbandonati dai legittimi proprietari emigrati che non hanno mai provveduto alle vendite o alle successioni notarili. Purtroppo – fanno notare gli esperti – questi terreni si prestano a speculazioni. Sul modello di altre regioni, la giunta del Piemonte nello scorso mese di giugno ha presentato un disegno di legge per il recupero di terreni incolti in collina e in montagna. Adesso deciderà il Consiglio regionale. Fra le organizzazioni agricole, Coldiretti ha espresso giudizio positivo. Il disegno di legge, firmato da Giorgio Ferrero (assessore all’Agricoltura) e da Alberto Valmaggia (assessore all’Ambiente) con finanziamenti congrui e nel contesto dei piani di sviluppo agricolo, ha numerosi obiettivi: mettere i terreni, in genere improduttivi e coperti di rovi, a disposizione di giovani che intendano scegliere l’agricoltura; eliminare cause di dissesto territoriale; potenziare il paesaggio, una delle caratteristiche assai importanti in Piemonte. La conferma di questa peculiarità viene dai dati. Su una superficie complessiva di 2.539.978 ettari, la regione comprende 1.098.677 ettari di montagna nonché 7.69.843 ettari di collina che riguardano le Langhe e tutte le province piemontesi dove la pianura si estende appena su 671.458 ettari (il 24,4%). Soprattutto in montagna e nelle colline, che declinano sul lago Maggiore, i suoli non più coltivati sarebbero in percentuale elevata. Un anno fa da questa constatazione è partito Marco Tacconi, giovane agronomo novarese appena laureatosi in agraria alla Statale di Milano. E amante della orticoltura e della piccola agricoltura di cortile (avicoltura, in particolare) egli ha inventato un sistema di recupero simile alla mezzadria, battezzandolo Terraxchange. Anche servendosi del web, i proprietari di terreno incolto lo mettono liberamente a disposizione per trasformarlo in orti. Con accordi simili a quelli ottocenteschi, basati sulla ripartizione in percentuale dei frutti della terra fra proprietario e utilizzatore, il sistema consente, oltre agli ortaggi, anche la coltivazione di erbe officinali. In diversi casi si è prospettata la possibilità della costituzione di aziende agroturistiche, o di orti didattici. “Oggi –commenta Marco Tacconi- abbiamo più di 1.600 utenti unici al mese, quasi 3000 “mi piace” su facebook che rasppresentano persone che si sono avvicinate di proposito a questa nostra idea“.

Il problema delle terre incolte che dovrebbero aprire ai giovani le porte della agricoltura professionale, è presente da tempo sia in Italia che in Europa. Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, ne ha parlato a lungo durante l’ultima Vinitaly ricordando come si erano delimitate o recuperate le terre da Chianti. Cosimo III, duca di Toscana, aveva considerato terreni incolti delle colline toscane da cui, poi, era derivata la fama del Chianti anche con i primi consorzi di produzione. Presentando il loro disegno di legge, Ferrero e Valmaggia hanno fatto notare che una base per il recupero dei terreni incolti è rappresentato da liberi consorzi terrieri che in Piemonte sono già diventati 12. Ma in Francia si è andati oltre, costituendo grandi consorzi anche con lo sfruttamento dei suoli incolti, per sostenere la zootecnia e la pastorizia che necessitano di buoni pascoli.

Per depurare dai catasti i terreni incolti e abbandonati a se stessi, la Regione Lombardia si è messa in marcia nel 2015 con l’obiettivo di costituire la “Banca della terra“. E Giovanni Fava, assessore lombardo alla Agricoltura, ha ribadito che “la Regione proseguirà con le misure atte a favorire l’ingresso di nuovi giovani nelle campagne”.

In ogni caso, l’elenco delle leggi regionali per il recupero delle terre incolte è aperto dalle regioni Toscana con una legge del 2012 e del Friuli Venezia Giulia. In Toscana, l’attuazione del Progetto Banca della Terra da estendere in tutte le regioni italiane, è stato perorato dalla Lega coop Agroalimentare Toscana con 103 cooperative aderenti, 46.000 soci e 26.000 addetti che spaziano dagli oleifici ai caseifici, ai vivaisti e ai forestali. La Banca della terra è importante, anche perché statisticamente non sappiamo ancora quanti siano i terreni incolti in Italia. Un unica stima è della regione Friuli Venezia Giulia: nelle colline e nelle montagne orientali, su 30 mila capi coltivati ne esistono 100 mila incolti, forse con un rapporto simile in Italia

incolte

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