L’avvocato che ha deposto la toga e coltiva come Fukuoka

L’avvocato che ha deposto la toga e coltiva come Fukuoka

di Gianfranco Quagliazanetta1

Si ispira a Masanobu Fukuoka. Nome e cognome, pronunciati con piglio nelle risaie di Tornaco, nel Novarese confinante con la Lomellina, suonano come una bestemmia incomprensibile. Ma lui, Carlo Zanetta, è consapevole del profondo significato: Fukuoka era un botanico e filosofo giapponese che si dedicò a un’agricoltura biologica e ecocompatibile minimizzando gli interventi dell’uomo, me che meno della chimica, senza fare violenza alla terra. Del tipo: non si ara quasi mai il terreno e la germinazione avviene direttamente in superficie.

Carlo Zanetta è un avvocato di Novara che sino a qualche anno fa ha esercitato dedicandosi al civile e anche al penale. Codici e aule di tribunale, una carriera tracciata. Ma un giorno ha deciso di deporre la toga. “Non c’è stato un episodio specifico, ma una somma di circostanze che mi hanno fatto riflettere profondamente. Dopo una decina d’anni di professione – racconta – ho capito che quel mondo non faceva più per me, che la vita non poteva essere tutta racchiusa all’interno di uno schedario, che c’era dell’altro”. Un periodo sabbatico, per guardarsi dentro. Poi, la svolta. L’idea è maturata quasi per caso, con l’opportunità di riattare un vecchio cascinale sperduto nelle campagne di Tornaco, la “Rovellina”, di proprietà di vari assetti della famiglia, e riattivare anche l’azienda agricola. E’ stato il colpo di fulmine, la chiamata che Carlo forse senza saperlo attendeva da tempo. A 43 anni ha girato l’interruttore e si è buttato a capofitto in questa nuova avventura. Ma lo ha voluto fare a modo suo, andando controcorrente rispetto ai canoni di un’agricoltura imperniata sui metodi agronomici tradizionali. Aveva letto di quel giapponese che aveva lasciato il suo posto come ricercatore scientifico per tornare alla fattoria di famiglia.

Siamo in una delle zone vocate a riso, non è facile invertire la rotta, c’è anche il rischio di farsi guardare con un certo sospetto dai vicini di campo, come appunto è accaduto nei primi momenti a Carlo. Che tuttavia ha proseguito per la sua strada, affascinato e convinto dalla teoria di Fukuoka. “E’ stato come prendere una boccata d’aria fresca – dice oggi – mi sono immerso in questa attività con un’idea chiara: in un momento così difficile per il settore, schiacciato dalla globalizzazione, occorre competere lavorando nelle nicchie del mercato. E così ho scelto la strada della produzione macrobiotica. Coltivo due varietà: Bertone e Crono (figlia dell’antico Rosa Marchetti). Ma le coltivo facendo lavorare la terra”. Zanetta si spiega: usando metodi naturali, ricorrendo anche all’allelopatia, termine praticamente sconosciuto da queste parti. E’ la tecnica dell’antagonismo esercitato da piante che rilasciano nel terreno sostanze che inibiscono crescita e sviluppo di piante concorrenti e dannose, ovvero le infestanti del riso. Un altro sistema consiste nelle bagnature del terreno che fanno fermentare e generano acque non ospitali per gli insetti. Poi le false semine, per favorire la crescita delle infestanti e distruggerle. Insomma un’agricoltura che cerca di rifuggire dalla chimica per salvaguardare l’ambiente.

Carlo è soddisfatto e lo si vede dal sorriso aperto stampato sul volto. Inseguiva una via d’uscita da una modalità di vita che gli andava stretta, forse ha trovato un’autostrada in risaia. Va veloce e non si ferma adesso, non lo stoppano gli sguardi perplessi, i commenti di quelli che la risaia la vorrebbero una distesa uniforme e dorata, senza un filo d’erba, come un quadro di Cezanne e gli dicono: “Ma non vedi come appare brutto il tuo campo?”. E lui: “Non lavoro per l’immagine, ma per quello che c’è dentro”.

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