La seconda vita comincia nell’orto terapeutico

La seconda vita comincia nell’orto terapeutico

di Franco Filipetto

Un orto biologico per la cura del corpo, dello spirito e della mente. Si trova a Montrigiasco di Arona all’interno della struttura del “Gruppo Abele” che si occupa del recupero di tossicodipendenti e alcoldipendenti. Quattro-cinque ettari di terreno quasi tutti coltivati a frutteto e orto con tunnel per proteggere dal gelo dell’inverno. Si coltivano, insalate di tutti i tipi, cavoli e cavoli verdi, piselli, verze, coste, patate, zucchine e melanzane. I cavoli sono nel pieno della maturazione, l’insalata è pronta, i piselli sono già alti venti centimetri. Poi c’è il frutteto un centinaio di piante di pesco, qualche melo, e molti piantine tra mirtilli e lamponi.  I coltivatori sono gli ospiti della comunità terapeutica, a Montrigiasco sono in 16. Per loro è un percorso terapeutico nel vero senso della parola, sono all’aria aperta, rinforzano i muscoli, si distraggono da tutti quelli che sono gli ostacoli e le insidie che li hanno portati qui.

Un altro aspetto positivo: i ragazzi vedono sbocciare i prodotti che loro hanno seminato o trapiantato, ovvio che sulla tavola, a pranzo e a cena, le verdure non mancano mai.  La coesione con gli educatori e con i compagni creano una sinergia e un legame che va oltre quello che sarà il periodo di permanenza in comunità. I prodotti poi vengono venduti al mercato del martedì ad Arona, ai ristoranti, ma spesso viene promosso anche un banchetto sull’ingresso  del centro. Sono dotati di un trattore per lavorare la terra, di un furgone per trasportare i prodotti e di tanta buona volontà. I ragazzi e le ragazze hanno voglia di recuperare la vita e la loro indipendenza. Spiega Laura Badà, la responsabile del “Gruppo Abele” di Montrigiasco:<Il 50 % ce la fa e non cade più nel vortice che li ha portati ad essere qui. Noi teniamo contatti anche dopo il periodo terapeutico, non solo per un monitoraggio, ma anche per un legame affettivo che si è creato con loro. Ognuno ha una sua storia e a noi i suoi racconti ci lasciano qualcosa>. La responsabile è coadiuvata da 5 educatrici, una psicologa e una psichiatra, e un agrotecnico.  Paolo Montanari si occupa di quella che è l’attività delle coltivazioni, da consigli, suggerimenti e impartisce i tempi per la semina e il trapianto. In cucina sono gli stessi ragazzi che, a turno, si preoccupano di preparare la colazione al mattino, il pranzo a mezzogiorno e la cena alla sera. <E’ anche questo un modo per imparare a sfaccendare con fuochi e padelle, ma sanno preparare pasti succulenti. Viviamo una vita di comunità per cui a tavola ci sediamo tutti insieme>. All’esterno il complesso ha le sembianze di un’azienda agricola, infatti la parte moderna è stata creata là dove c’erano le stalle e il fienile. Il complesso è di proprietà della parrocchia di Arona, nel 1983 per intercessione dell’allora vescovo monsignor Aldo Del Monte è stato ceduto in comodato d’uso al Gruppo Abele. La responsabile con orgoglio afferma:<Pochi giorni fa, dopo venti mesi, due ragazzi hanno lasciato la comunità, avevano uno 34 e uno 37 anni. Quasi quasi spiaceva loro lasciarci. Ognuno ha ripreso una casa e il lavoro. Uno abita in zona e l’altro è tornato al suo paese. Gli ospiti arrivano dal Piemonte, Torino in particolare e anche dalla vicina Lombardia.

  • gruppo abele

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