Intervista a Olivero: sul riso l’Italia si gioca tutto a Bruxelles

Intervista a Olivero: sul riso l’Italia si gioca tutto a Bruxelles

di Gianfranco Quaglia

Martedì 23 gennaio a Bruxelles si svolge il secondo Forum sul riso, dopo il primo G7 fra tutti i paesi produttori che si tenne nel febbraio 2017 a Milano. Ente Nazionale Risi, che ha promosso l’evento, punta a coinvolgere gli europarlamentari di Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Bulgaria, Ungheria, per un pressing sulla Commissione affinché sia bloccata l’importazione a dazio zero dal Sudest asiatico.

Alla vigilia di questo summit storico abbiamo chiesto a Andrea Olivero, viceministro della Politiche Agricole con delega per il riso, che cosa si aspetta da questo incontro che vede l’Italia capofila.

“Mi attendo che possa arrivare un messaggio univoco e venga colto il senso della richiesta della clausola di salvaguardia. Sarebbe un beneficio necessario sia per l’intero settore produttivo sia per la stessa Europa. L’Unione Europea ha investito molto sul riso, continuare con le importazioni sarebbe una beffa, come buttare alle ortiche tutti gli investimenti pregressi. Per questo l’Italia è determinata ad andare avanti nella sua azione e gioca tutte le sue carte”.

In gioco ci sono equilibrii geopolitici. Bloccare le importazioni non aprirebbe una crisi con i Paesi asiatici, Cambogia, Myanmar e Vietnam? In altre parole non verrebbero meno gli accordi stipulati con i Paesi Eba (Everithing but arms), cioè con quelle nazioni che possono esportare in Ue tutti i prodotti a dazio zero tranne le amri?

“Noi non poniamo limiti specifici all’import, l’Unione europea non è autosufficiente. Qui non si tratta di impedire ai Pma (Paesi meno avanzati) di esportare, ci mancherebbe, ma questa azione deve avvenire in forma regolamentata. Oggi si falsifica la realtà dei mercati. Noi abbiamo documentato che i sostegni a Cambogia e Vietnam mettono a repentaglio l’autosufficienza alimentare delle popolazioni contadine e ci guadagna soltanto l’intermediazione”.

Basterà uno scudo per risolvere la grave crisi in cui si dibatte il settore?

“No. Anche noi dobbiamo fare la nostra parte. La logica protezionistica è controproducente . Il riso Made in Italy è il migliore ma dobbiamo fare in modo che come tale sia ricnosciouto. In che modo? Ad esempio attraverso la tracciabilità”.

Intende dire l’etichettatura. Ma l’Europa potrebbe impugnare questa decisione che al momento è unilaterale, ha validità soltanto in Italia…

“L’Unione Europea ha tempo sino al 2019 per adottare misure che vanno in senso opposto, nel frattempo noi porteremo avanti ogni azione e siamo convinti che le nostre buone ragioni siano comprese anche a livello europeo, è il consumatore che ce lo chiede. I recenti episodi accaduti in altri settori, leggi ad esempio il latte, ci dicono che oggi più che mai la tracciabilità è il valore aggiunto per affrancare un prodotto dallo stato di commodity e garantire sicurezza. Prima o poi anche le grandi multinazionali dovranno ricredersi. In questo senso noi stiamo vincendo la nostra battaglia più importante”.

Non sarebbe necessaria anche una promozione più incisiva?

“Stiamo cercando di ragionare con Ente Nazionale Risi per superare il vincolo imposto dalla spending review che non gli consente di superare un budget risicato. Ma l’importante è che sul piano della promozione sia lavori come filiera. Intendo dire che la sfida per la valorizzazione del riso italiano si può vincere se agricoltura e industria di trasformazione sono uniti. Se ne esce soltanto lavorando insieme. Negli ultimi tempi questo concetto è stato recepito e a Bruxelles tutti saranno presenti”.

E la grande distribuzione?

“Stiamo cercando di coinvolgerla. In Piemonte c’è già un esempio con il marchio che è stato accolto da alcune catene. Facciamo ancora un po’ di fatica a un coinvolgimento al tavolo nazionale riso, ma senza la GDO non si va da nessuna parte. Ad esempio: l’indicazione d’origine se non è condivisa e promossa dalla grande distribuzione rischia di essere vanificata. La GDO deve rendersi conto che la politica dell’abbassamento dei prezzi, che per ora riguarda soprattutto i produttori, alla fine non renderà neppure alle catene distributive. Sempre sul fronte della promozione vorrei ancora ricordare che la nuova legge sul mercato interno del riso, approvata da poco, offre opportunità per una valorizzazione specifica del prodotto”.

Che cosa può e dovrebbe fare la politica?

“Un altro passaggio importatne è l’attivazione di tutte le relazioni in sede europea, noi rafforzeremo l’azione di forte sensibilizzazione, ma anche le organizzazioni agricole devono premere sui loro governi per sostenere il dossier che chiede la clausola. Il tema non è popolare, ma deve far riflettere tutti. Il riso non è soltanto un prodotto, ma qualcosa in più: il mantenimento di un ecosistema”.

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