Industriali del riso al ministro: acceleriamo lo sbarco in Cina, poi l’India

Industriali del riso al ministro: acceleriamo lo sbarco in Cina, poi l’India

Francese Mario fotoRipristino dei dazi all’importazione da Cambogia e Myanmar; piano di comunicazione per sostenere gli aumenti di consumi di riso avvalendosi anche di fondi comunitari; definizione di un protocollo che possa consentire le esportazioni di riso in Cina. Ancora: la concessione di un protocollo d’intesa fra i ministeri interessati e la filiera per un controllo attivo di eventuali concessioni della Commissione. Questi i punti fondamentali del promemoria che Mario Francese, presidente di Airi (Associazione industrie risiere italiane) e il direttore Roberto Carriere hanno consegnato a Gian Marco Centinaio, ministro delle Politiche Agricole e del Turismo, incontrato nei giorni scorsi.

Il ministro, affiancato dal capo della segreteria tecnica, Luciano Nieto, ha confermato una forte attenzione per il settore, già dimostrata dalle recenti iniziative sull’aiuto accoppiato e per l’apertura del mercato cinese, e ha assicurato il massimo impegno personale e dei suoi uffici nel perseguimento degli obiettivi sopra ricordati.

Accanto alle richieste principali, altri obiettivi ricordati al ministri sono contenuti nel pro momoria. “Analogamentde a quanto fatto pe la Cina – ha detto Francese – è necessario imniziare un’azione per ottenere la possibilità di esportare in India a dazio zero il nostro riso. L’India beneficia di una importante concessione che le consente di esportare considerevoli quantiativi di riso basmati sul mercato comunitario in esenzione di dazio. Deve essere ricnosciua una reciprocità di trattamento”.

Di seguito il documento consegnato al ministro.

L’industria risiera italiana: quali prospettive?

AIRI rappresenta 33 industrie italiane, concentrate nelle provincie risicole, che trasformano oltre l’85% del riso raccolto in Italia, e hanno le potenzialità per trasformare circa una volta e mezzo l’attuale produzione.

Le industrie risiere italiane grazie a ingenti investimenti industriali e commerciali hanno conquistato la leadership tra le industrie risiere Europee legando gran parte del successo alla promozione del riso italiano.

Questo progetto ambizioso è stato minacciato negli ultimi anni dalla concessione EBA che ha permesso l’importazione in nord Europa di riso a dazio zero da Cambogia e Myanmar accentuando la concorrenza e squilibrando la nostra produzione.

La concessione EBA e la richiesta di clausola di salvaguardia.

L’applicazione della clausola di salvaguardia è una condizione irrinunciabile per rendere competitivo il nostro riso nella Unione Europea ripristinando la giusta redditività per il produttore e consentendo all’Industria di riprendere un percorso di crescita, oltre che per i risi da risotto, anche per il riso indica, il più consumato nella Unione Europea.

Entro settembre la Commissione UE potrebbe considerare l’adozione della clausola di salvaguardia, anche tenuto conto del fatto che quei Paesi non stanno rispettando né le regole della democrazia né i diritti umani.

Il Comitato SPG della DG Trade, composto da tutti i Paesi Membri, è deputato a decidere, entro novembre 2018, la proposta che verrà presentata dalla Commissione.

Oggi è necessaria la ricerca del consenso degli altri Paesi UE e/o dell’astensione dei Paesi non produttori.

L’aumento dei consumi e la qualità

Negli ultimi 5 anni il consumo di riso in Italia è aumentato da 320 a 415 mila tonnellate (+29%) e nell’UE da 2,55 a 2,7 milioni di t (+6%) per diverse ragioni tra cui:

l’orientamento verso diete più attente a cibi salutari e che non causino intolleranze;

l’invecchiamento della popolazione;

nuove abitudini di consumo con un aumento dei consumi di sushi e cucina cinese;

un aumento di minoranze etniche forti consumatrici di riso;

la diversificazione con la proposta da parte delle industrie risiere di molti prodotti derivati;

l’aumento di domanda da parte delle industrie di seconda trasformazione.

Ciò è stato possibile anche grazie ad una forte attenzione dell’industria italiana che ha proposto al mercato un prodotto di qualità, anche in sintonia con quanto chiesto dal legislatore attraverso le norme di prodotto più severe al mondo.

Le industrie risiere sono assoggettate a tutte le norme sanitarie e di etichettatura europee, che impongono la sulla indicazione dell’origine e sul commercio del riso, con il divieto di miscelazione delle varietà e standard qualitativi di eccellenza.

E’ necessario sostenere questo aumento dei consumi con:

una comunicazione mirata dove il riso italiano è già consumato,

l’apertura di nuovi mercati;

il tempestivo presidio di possibili future concessioni.

Comunicazione

AIRI ha sostenuto la recente decisione del CdA dell’Ente Nazionale Risi di pianificare un piano di divulgazione del riso in Italia rendendo disponibili risorse per massimo 400.000 euro anno per due anni, con inizio nella primavera del 2019.

E’ tuttavia indispensabile che il piano sia progettato in modo da potersi avvalere anche dei fondi comunitari di cui al reg. 1144/2014, il che consentirebbe di triplicare le risorse.

Una promozione del riso con fondi comunitari è stata a più riprese auspicata anche dalla DG Agricoltura ed è necessario superare gli ostacoli burocratici e le rigide interpretazioni nazionali che potrebbero costituire un ostacolo.

Apertura di nuovi mercati

Cina

Con il decreto recentemente promulgato che istituisce una pest free area viene accettata l’ultima condizione posta oltre un anno fa dall’Amministrazione cinese per raggiungere l’accordo su un protocollo che dovrà consentire l’esportazione di riso italiano in Cina. L’ambasciata italiana a Pechino sta riprendendo i contatti con le dogane cinesi per riavviare i negoziati e AIRI sta pianificando la visita di due funzionari cinesi che, come previsto dalla bozza di protocollo, dovranno compiere una ispezione presso le industrie interessate ad

esportare. AIRI ha iniziato a portare avanti questa iniziativa sin dal 2011 e ha già ospitato una visita di 4 funzionari cinesi nel settembre 2014.

E’ auspicabile che tra la fine dell’anno e i primi mesi del prossimo anno il protocollo possa essere finalmente firmato dai due Governi per poter iniziare le esportazioni dal 2019.

India

Analogamente a quanto fatto per la Cina è necessario iniziare una azione per ottenere la possibilità di esportare in India a dazio zero il nostro riso. L’India beneficia di una importante concessione che le consente di esportare importanti quantitativi di riso basmati sul mercato comunitario in esenzione di dazio. Deve essere riconosciuta una reciprocità di trattamento.

Oggi le nostre esportazioni in quel Paese sono compromesse da un dazio del 70 % sul valore del nostro prodotto, già più elevato del riso indiano.

L’India sta facendo pressioni politiche per ottenere nuove concessioni sia in ambito multilaterale che bilaterale (nuove varietà di basmati e tolleranze di fitofarmaci).

Eventuali nuove concessioni comunitarie devono essere condizionate all’applicazione di un regime di favore per il nostro riso, con l’esenzione del dazio.

Nuove concessioni all’importazione

In passato abbiamo più volte assistito a una passiva presenza sia della rappresentanza politica che tecnica del Paese, nonostante la Commissione abbia sempre affermato di considerare il riso un prodotto sensibile.

All’orizzonte si profilano nuove possibili concessioni nell’ambito di accordi con Paesi forti produttori di riso come ad esempio i Paesi del MERCOSUR, la Thailandia e l’India. I negoziati con Mercosur sono in fase avanzata e il riso è stato inserito tra i prodotti per cui si faranno concessioni, con una proposta della Commissione poco attenta alle nostre specificità, in parte corretta dalla DG Trade dopo nostre sollecitazioni. Il recente accordo con il Giappone avrebbe potuto mettere sul tavolo l’esportazione agevolata di un contingente del nostro riso,

che invece è stato completamente escluso dal negoziato per volere di quel Paese.

Auspichiamo che l’Italia svolga un ruolo attivo nella preparazione dei dossier che possono dar luogo a nuove concessioni e al riguardo chiediamo l’istituzione di un tavolo tecnico a cui partecipino oltre alle componenti della filiera il MIPAAFT, il MISE e il Ministero degli Esteri.

 

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