Il sospetto: animali usati delle agromafie per distruggere i terreni

Il sospetto: animali usati delle agromafie per distruggere i terreni

cinghiali2di Enrico Villa

Gli ultimi segni di incendi boschivi dolosi sono evidenti nell’area di Solcio di Lesa, in una vicina zona di riproduzione faunistica e in Valsessera, in provincia di Biella. Stando alle statistiche che provengono dalle regioni, per lo più centrali e meridionali l’annus horribilis è stato il 2007 con circa 10.000 incendi che hanno fatto perdere il posto a 3000 addetti che si ricavano da vivere su migliaia di ettari ormai resi inservibili per le coltivazioni.

I numerosi arrestati per incendi dolosi, come prevede la legge 353/2000 che ha modificato il Codice Penale ma che arrivata troppo tardi secondo le necessità, hanno anche dato una spiegazione agronomica di comodo alle fiamme distruttrici: i residui degli incendi hanno arricchito i terreni che in un secondo tempo diventeranno più feraci. Giustificazione in genere senza fondamento come indicano le Regioni, in particolare la Regione Piemonte. Nelle sue pubblicazioni anche riportate sui web istituzionali, il Piemonte non si stanca di sottolineare due aspetti: gli incendi che incidono sulla ampia massa boschiva delle province piemontesi sono troppi, inoltre mettendo a repentaglio i terreni produttivi intestati ad agricoltori che non intendono vendere, volendo dare continuità alle loro aziende, secondo l’asse ereditario in funzione dei figli e di altri familiari. L’accaparramento di suoli agricoli o anche per ragioni edilizie è un fenomeno diffuso in tutto il mondo, in Africa in particolare, tuttavia con uno scopo produttivo ben preciso come quello che sarebbe attuato dagli imprenditori cinesi e israeliani: più terra per produrre di più. Ma nel nostro Paese anche attraverso gli incendi, la finalità sarebbe unica: acquistare a poco prezzo suoli importanti, successivamente mettendoli a coltura come starebbe accadendo in provincia di Cuneo. Su questo specifico aspetto è stato evidenziato da una analisi recente pubblicata da Michelangeo Pellegrino sulle pagine de Il Coltivatore Cunese, organo ufficiale territoriale di Coldiretti. Anche in questo caso specifico il tema è inserito nel contesto dei fenomeni dell’agromafia e dell’ecomafia, ormai da anni tenute sotto controllo da Eurispes, Legambiente, Coldiretti.

Da qualche settimana l’argomento è finalmente diventato tema televisivo. Massimo Giletti in Non è l’Arena ha scovato in Sicilia vicino a Corleone, sui monti Nebrodi e sull’Aspromonte animali utilizzati per devastare terreni forse poi acquistabili con pochi euro. L’azione, fortunatamente non evidente nel Nord Italia, senza giri di parole è stata chiamata azione mafiosa. In fondo è la stessa che l’ex procuratore generale Giancarlo Caselli sta combattendo con il sostegno di Coldiretti. Ancora nell’ultimo rapporto sull’argomento, redatto nel 2017, è stato sottolineato che il diffondersi di agromafie e di ecomafie nelle campagne il danno è stato calcolato in 21, 8 miliardi di euro che hanno riguardato quasi tutti i prodotti agricoli: ortofrutta, cereali, zootecnia. Il virus mafioso si sarebbe addirittura insinuato nelle derrate sotto vincolo a causa delle sanzioni europee in partenza per la Federazione Russa e per altri paesi dell’Est.

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