Il difficile governo dell’ortofrutta frena la filiera unica

Il difficile governo dell’ortofrutta frena la filiera unica

desktopdi Enrico Villa

Prima gli esperti dietologi, quindi i medici con le loro dichiarazioni e con i loro opuscoli divulgativi insistono: la frutta e la verdura per prevenire le malattie, fra le quali le neoplasie, sono essenziali. E l’ortofrutta è puntualmente collocata ai primi livelli della piramide dell’alimentazione. Ma una delle più autorevoli inchieste sulle abitudini alimentari degli italiani, anche condizionata dalla permanente crisi economica nazionale, evidenzia: negli ultimi quindici anni, in Italia, il consumo di ortaggi e di frutta è sceso vistosamente. L’anno scorso, da 244 chilogrammi per famiglia siano scesi a 178 chilogrammi; ossia a 35-40 chilogrammi pro capite di mele, altri frutti, insalate. Il caldo torrido dello scorso mese di luglio ha ribadito le raccomandazioni igienico-sanitarie e salutistiche: consumate consistenti quantitativi di ortofrutta. E in mezzo alla calura, il messaggio è stato recepito dai consumatori: nel primo trimestre del 2015, gli acquisti nell’ambito della distribuzione (mercati, bancarelle mercatali, gdo) i consumi di buona verdura e frutta sono di nuovo aumentati del 4,5% circa.

 

Un marchio nazionale

In termini forse diversi. Una complicata, immensa via lattea dell’ortofrutta, presenta scenari che hanno un aspetto preminente: sono economia che attende un totale riordino istituzionale, nell’interesse sia dei consumatori e anche degli operatori. Proprio nell’ambito di Expo 2015 diversi interventi – fra i quali Roberto Moncalvo e Coldiretti – hanno insistito su un risvolto importante: la filiera italiana dell’ortofrutta non ha un responsabile vero; e, pertanto, è governabile con estrema difficoltà, o non è affatto governabile anche a causa delle incrostazioni presunte criminali nei mercati generali, oppure in segmenti dell’auspicata filiera generale ortofrutticola, con conseguenti danni permanenti e consistenti per la produzione. Per neutralizzare le aggressioni catalogate come malaffare, diversi interventi nell’ambito di Expo 2015 hanno ripetutamente proposto anche la creazione di un marchio nazionale per l’ortofrutta, in modo che le asserite azioni negative , con danno soprattutto dei consumatori, siano meglio contrastare. Si vedrà dopo come attuare la svolta richiesta con leggi del Parlamento, decreti ministeriali dei dicasteri agroforestali e della sanità, o con altri provvedimenti istituzionali, stesi e approvati con il concorso dei produttori.

 Il polo di Milano

Muoversi nel ginepraio dell’ortofrutta non è considerato facile. Infatti, la realtà della frutta e della verdura è confermata da alcuni aspetti dagli esperti giudicati ostacoli quasi insormontabili sulla strada della completa e funzionale filiera del’ortofrutta. Il mercato ortofrutticolo di Milano, uno dei principali dell’Europa Comunitaria, gestito in società per azioni dalla società Sogemi per conto del Comune lombardo, alla fine del 2014 ha monitorato il parco soci. Essi, secondo i riscontri, sono saliti a 120 che appartengono alla filiera con interessi sovente contrastanti, difficili da governare unitariamente. A questi vanno aggiunti gli operatori del mercato ittico nonché quelli del mercato avicunicolo e del mercato floricolo. La Sogemi con il suo impianto strutturale di circa 800 mila metri quadrati, assicura il commercio di un milione di tonnellate di prodotti da parte di 10 mila operatori, con un giro di affari di 2.500 milioni annui di euro. Il polo ortofrutticolo di Milano, dagli anni Cinquanta del Novecento ad oggi è, quindi, così diventato con quello di Berlino il più importante di Europa, assicurando soprattutto con la Germania e l’Europa del Nord un flusso di produzione di almeno 300 mila tonnellate.

Ostacoli burocratici

Sul ginepraio accennato, cui anche appartiene il Centro dei servizi o ortofrutticolo con 65 soci, costituito nel 1998, campeggiano la Banca Nazionale dati degli operatori ortofrutticoli, obbligatorio per gli operatori, disciplinato dal Regolamento UE n.543/2011 recepito in Italia dal Decreto Ministeriale n. 5462, del 3 agosto 2011, del Ministero delle Politiche Agricole. La normativa comunitaria, riguardante soprattutto il commercio di ortofrutticoli impone il rispetto anche nella vendita di specie e generi vegetali di largo consumo. Queste norme di commercializzazione, cui sono tenuti gli operatori, è diventato un altro ostacolo giuridico che condiziona la istituzione di un’unica filiera ortofrutticola. Intanto per attenuare il suo rigore, la Comunità ha recentemente promulgato un regolamento di contrasto allo stop parziale dell’export verso la Russia. Un provvedimento migliorativo che, tuttavia, conferma la confusione per arrivare alla generale filiera ortofrutticola, in ogni caso fondamentale per assicurare effettiva consistenza economica al settore.

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