I “migranti” clandestini che attaccano la nostra agricoltura

di Gianfranco Quaglia

Alcuni li definiscono “alieni”. Altri semplicemente extracomunitari. E in questo agosto torrido sono un esercito, milioni, un’invasione. Ma di che cosa stiamo parlando? Non delle statistiche che ci dicono, malgrado le polemiche e i battibecchi dei politici, come l’arrivo dei migranti sia diminuito di oltre l’80 per cento. No, qui siamo di fronte a una migrazione di insetti che stanno condizionando e distruggendo la nostra agricoltura. Eppure questo fenomeno sembra passare inosservato, quantomeno è sottovalutato. Qualche anno fa eravamo in presenza della Diabrotica virgifera, insetto di origine americana che attacca il mais. Arrivato sino a noi come un clandestino, appeso alle ali degli aerei che seguono le rotte intercontinentali, sbarcato e diffuso nelle aree circostanti gli scali italiani, soprattutto quelli del Nord, come Malpensa. Poi è stata la volta della Popillia japonica e della Drosophila suzukii. Sotto attacco ancora il mais, ma anche la soia. E ora imperversa la cimice asiatica (Halyomorpha halys). Complessivamente danni stimati attorno al miliardo di euro. Sovente gli alieni arrivano anche con le importazioni di prodotti alimentari in Italia, dove si moltiplicano grazie alle condizioni climatiche favorevoli e alla mancanza di nemici naturali, cioè antagonisti diretti in grado di equilibrare la diffusione di questi killer sino a ieri sconosciuti a queste latitudini. Sara Baudo, giovane presidente di Coldiretti Novara e Verbano Cusio Ossola, azienda agricola a pochi chilometri dalla Valle del Ticino e dall’hub Malpensa, è fra le prime ad avvertire gli effetti delle incursioni. E a maggior ragione lancia l’allarme: “Per difendere il nostro patrimonio agroalimentare è necessario rafforzare gli strumenti di intervento che sostengono le imprese danneggiate, aumentare i controlli negli scambi commerciali, perché due specie di insetti su tre sono arrivate in Italia con le importazioni di prodotti alimentari. Ma è anche fondamentale potenziare la ricerca per la prevenzione”. In questo senso una task-force sta lavorando in Piemonte, in collaborazione con l’Università di Torino e il settore fitosanitario della Regione.

 

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