Fame di riso e sete d’acqua paradosso del made in Italy

di Gianfranco Quaglia

L’Europa e l’Italia hanno fame di riso. E il riso ha sete di acqua. Su queste due contrapposizioni si gioca il futuro della nostra risicoltura, prima in Europa per estensione e produzione. Il settore, con produttori e industriali della trasformazione (leggi riserie) è a una svolta e s’interroga. Traduzione in numeri: negli ultimi dieci anni nell’area UE i consumi sono aumentati del 38%, ma è diminuita la superficie investita a questo cereale: -14% in Europa, -1% in Italia, -29% negli altri Paesi. Un paradosso: a fronte di una domanda, che crescerà ancora nei prossimi anni, non corrisponde un’offerta adeguata. Non solo: scorrendo l’indice dei prezzi al consumo in Italia nel 2022 il riso risulta essere l’alimento che ha avuto il balzo più consistente (+36,3%), superiore a tutti gli altri dell’agroalimentare, ma in assoluto anche davanti a ogni bene e servizio. Insomma, una condizione unica nella storia.

Di questo paradosso si è discusso nel convegno che Airi (Associazione industrie riseire italiane), con il suo presidente Mario Francese, ha organizzato al Centro Ricerche Ente Nazionale Risi, con l’intervento di esperti della filiera, economisti, ricercatori, industriali e agricoltori. Sullo sfondo due “cigni neri”: la guerra in Ucraina che ha fatto lievitare i costi di approvvigioanamento delle materie prime (concimi e energia) e l’effetto siccità. L’uno e l’altro hanno contribuito a tagliare la superficie risicola made in Italy: prima ancora delle semine primaverili i risicoltori avevano deciso di rinunciare a 9 mila ettari dedicandoli ad altre colture. Poi i lunghi mesi senz’acqua, che hanno causato la perdita di alttri 29 mila ettari. Ora l’industria stima che il mercato del riso ha perso circa 48 mila tonnellate di prodotto. La tipologia “tondo” sarà bastevole per l’interno, ma il “lungo” in gran parte dovrà essere importato. Se la tendenza alla riduzione della superficie dovesse continuare negli anni c’è il rischio che il riso Made initaly possa perdere il suo primato. per scongiurarlo l’industria punta a raggiungere il traguardo dei 250 mila ettari coltivati. Ma, con le difficoltà legate all’irrigazione, difficilmente questo obiettivo potrà essere coronato. Ecco perché urge rivedere sistema e tecniche legate all’irrigazione, come ha sottolineato il direttore di Ente Nazionale Risi, Roberto Magnaghi: non demonizzare né la semina in asciutta né quella in sommersione tradizionale. Ma equilibrare l’una e l’altra, ricorrendo anche alla sommersione invernale per alzare la falda. Insomma, trattenere l’acqua che c’è e utilizzarla quando c’è. 

 

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