Entomofagia, il 47% dei consumatori dice sì. Sarà una Waterloo agricola?

Entomofagia, il 47% dei consumatori dice sì. Sarà una Waterloo agricola?

di Enrico Villa

In Africa Centrale (Angola, Sahara meridionale, Congo…) quando manca l’acqua e non può più essere coltivato riso, la popolazione ricorre quale alimento agli insetti, “miniera volante” di proteine animali. Prendendo la circostanza come spunto, è dal 2004 che la Fao ipotizza nel globo la diffusione della entomofagia per prevenire il fenomeno delle carestie. In proposito gli scienziati se ne occupano già dal 1885. Come nei suoi periodici rapporti annota la Fao dal 2004 al 2015, sulla Terra già si nutrono di insetti due miliardi di persone. E sempre secondo la istituzione per la nutrizione e le produzioni agricole, nel 2050 l’umanità salirà a circa 10 miliardi, per cui, per l’alimentazione, si dovrebbe ricorrere alla entomofagia, oltre che ai vegetali e alle coltivazioni tradizionali rese più produttive. Non banalizzando, come è stato fatto recentemente dai mass-media mondiali, il dibattito sul ricorso agli insetti per la nutrizione umana con le tante proteine di cui sono fatti, ferve da alcuni anni. In ambito antropologico e sociologico, ma anche nella gastronomia che propone piatti inusuali, in ristoranti famosi diffusi nel Nord Europa e in Sud America. I cuochi stellati, noti universalmente, che praticano una cucina sperimentale, sostengono che “il disgusto verso gli insetti e le loro larve” si sta progressivamente riducendo, anche con l’aiuto della neurologia e della psichiatria.

La entomofagia sta poi prevalendo nei governi e nelle associazioni governative come la Ue. Negli Stati Uniti, da anni funzionano aziende dell’agroalimentare che propongono insetti cotti, o trasformati in barrette proteiche come additivi ad altri alimenti tradizionali. Suscitando sconcerto nei mezzi di informazione, la Confederazione Svizzera ha autorizzato dal primo maggio scorso l’utilizzo come cibo umano di grilli, cavallette e altre locuste, larve del riso e della farina da trasformare in farina ricca di proteine. Inoltre, la Ue con apposito regolamento autorizzerà, dal gennaio 2018, il ricorso alla entomofagia. Ma l’Efta di Parma ha tuttavia in corso stringenti controlli per accertare che nutrirsi con gli insetti non sia controproducente da un punto di vista sanitario. E altri paesi, stanno studiando una apposita legislazione sia da un punto di vista nutrizionale che della salute umana. Anche diverse Università stanno approfondendo il tema della nutrizione, della neurologia e della psicologia in relazione al disgusto, cancellando così la repulsione umana generata dalle larve e dagli insetti fino ad ora soltanto combattuti con anticrittogamici perché dannosi alle coltivazioni. Fra di queste, l’Università La Bicocca di Milano che ha chiesto ai suoi studenti tesi illuminanti relative agli aspetti storici, dell’atteggiamento del pubblico verso le proteine regalateci dagli insetti, della tutela dell’ambiente. Una tesi della Bicocca, fra l’altro, è stata firmata da Giulia Maffei, relatore il dottor Simone Ghezzi. In questo interessante elaborato si anticipa che l’entomofagia segnerà la seconda rivoluzione verde del pianeta, essendo la prima manifestatasi negli anni Quaranta del Novecento. Ed è annotato un altro aspetto per la difesa dell’ambiente. Gli insetti che noi dovremmo mangiare non consumano acqua, generano poco gas serra ma soprattutto garantiscono un basso tasso di conversione. Infatti, due chilogrammi di libellule o di grilli sarebbero trasformabili in un chilogrammo di proteine. Invece – questo è un punto di vista discutibile – per ottenere una bistecca di un chilogrammo da un bovino, occorrono 8 chilogrammi di mangime pregiato.

Come anche documenta la stampa italiana, l’entomofagia non è nuova. Per la prima volta se ne parlò ampiamente a Milano ad Expo 2015 quando furono presentate le bistecche di coccodrillo, e gli esperti (Roberto Moncalvo, in primis) fecero presente che solo l’8% dei consumatori avrebbe accettato la entomofagia. Dell’argomento, forse banalizzando troppo, ne trattarono La Repubblica, Il Corriere della Sera, La Stampa, Panorama, il Fatto Alimentare ed altri. Ritornarono con ampie interviste sull’ argomento anche cuochi internazionali come René Redzepi, David Gordon, Alex Atala, Roberto Flore, Carlo Cracco, nonché istituzioni nordeuropee come Nordic Food Lab. L’entomofagia è rifinita sotto i riflettori della grande stampa recentemente, in occasione della decisione della Svizzera e della prossima autorizzazione, prevista nel 2018, dalla Ue. Da un punto di vista del marketing, gli insetti come “cibo sano e gustoso” si starebbero imponendo come alimento etnico, sono già stati presi in considerazione da una grande cooperativa agroalimentare italiana, e il marketing ha sentenziato: l’entomofagia è gradita al 47% dei consumatori, diversamente dall’8% allorquando così era stato affermato ad Expo 2015.

Ma adesso il rischio è un altro, come accadde per il cibo Street Food poi regolamentato: il danno agli alimenti dop e igp, proiezione territoriale e tradizionale dei nostri territori, meglio conosciuti come i cibi del made in Italy. I dati statistici di gradimento, per ora poco controllati e forse “addomesticati” ad uso delle aziende, indicherebbero che i danni già in atto al nostro made in Italy causati dai taroccamenti e dalle agromafie, anche grazie allo assenso della Fao e della scienza con le proteine degli insetti al nostro agroalimentare territoriale starebbero forse preparando un’altra imprevista Waterloo agricola.

entomofagia

You must be logged in to post a comment Login