E ora mettiamo mano anche alla fragilità del territorio malato

di Gianfranco Quaglia

La tragedia del ponte di Genova riporta all’attenzione, con i problemi strutturali non risolti in Italia, tutta una serie di opere incompiute o mai realizzate che giacciono nei cassetti. Riguardano l’assetto idrogeologico del territorio. Da anni l’Anbi (l’associazione nazionale dei consorzi per la gestione del territorio e delle acque irrigue), sulla base delle indicazioni provenienti da ogni distretto irriguo e dal mondo rurale, a contatto con la realtà territoriale, pungola le autorità centrali con il Piano Manutenzione Italia, che fotografa una situazione ancora drammatica, benché qualcosa si sia mosso. Le cifre: per migliorare la sicurezza del territorio da allagamenti, alluvioni e frane, servirebbero 3709 interventi per un importo complessivo di 8 miliardi di euro, finanziabili con mutui quindicennali. La Regione con le maggiori necessità finanziarie per progetti definitivi ed esecutivi è il Veneto, ma il record nel numero di progetti da realizzare appartiene all’Emilia Romagna. “L’attuazione di queste opere – ha commentato Francesco Vincenzi, presidente dell’Anbi – ridurrebbe le conseguenze di sciagure di origine naturale, che attualmente costano circa due miliardi e mezzo per riparare i danni, senza contare l’incommensurabile valore delle vite umane. Non solo: l’intervento innescherebbe occupazione per 50 mila nuovi posti di lavoro”. Poi ci sono le grandi opere idrauliche incompiute: sono 35, costate finora 650 milioni, ma ne servirebbero altri 775. In questa speciale classifica emergono Campania e Calabria, seguite da Lazio, Puglia, Sicilia, Abruzzo, Sardegna, Emilia Romagna. 

Mai come in questi tristi giorni d’agosto il richiamo all’urgenza di non dimenticare un quadro così desolante è attuale.  Secondo un’indagine dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) le aree a rischio idrogeologico in Italia coprono il 9,8 per cento del territorio e 7.145 comuni (88,3%). A rischio 6250 scuole, 550 strutture sanitarie, 1.200.000 edifici residenziali, 500 mila aziende. L’impermeabilizzazione rappresenta la principale causa di degrado: si stima che il consumo del suolo abbia intaccato 2.110.000 ettari del territorio italiano. Soltanto in Piemonte si stima siano 174.349 gli ettari di territorio coperti artificialmente su 2.540.000 totali, con un incremento di 416 ettari consumati nel 2017 rispetto al 2016. La provincia di Torino con quasi 60 mila ettari di superficie urbanizzata è quella con il valore più alto seguita nell’ordine da Cuneo, Alessandria, Novara, Asti, Vercelli, Biella, Verbano Cusio Ossola. 

 

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