Come sa di “amaro” quel miele: apicoltori sul fronte della resistenza

Come sa di “amaro” quel miele: apicoltori sul fronte della resistenza

Parlare di “amaro” è persino riduttivo. Il 2019 sarà ricordato come anno terribile per gli apicoltori italiani, penalizzati dal maltempo che ha praticamente decimato il raccolto, con perdite che in alcuni casi hanno sfiorato l’80 per cento. Il momento di crisi è stato inquadrato , con tutte le sue ricadute, durante il convegno annuale tenuto a Oleggio (Novara) da Aspromiele, l’associazione produttori miele Piemonte, con gli interventi di centinaia di apicoltori, esperti del settore, coordinati da Francesco Panella. Ma non è soltanto il clima a far impazzire le api e annullare le impolinazioni: a rendere ancora più “amaro” il miele sono anche le importazioni massicce che arrivano dalla Cina e dall’Est, come ha ben sottolineato Etienne Bruneau (esponente del gruppo miele Copa-Cogeca a Bruxelles), uno dei massimi esperti: “In Europa aumentano le richiestedei consumatori, il mercato non riesce a soddisfarle e le importazioni suppliscono. Il fatto è che molto prodotto in arrivo dalla Cina, primo produttore mondiale, non è neppure maturo”. Insomma, un miele scadente, che spesso viene riciclato, rivenduto come italiano, creando confusione. Adornino Scacchi di Oleggio, esponente degli apicoltori e noto in tutto il settore, denuncia: “Stiamo assistendo a triangolazioni vergognose. Il miele cinese arriva in Europa, importato soprattutto da Paesi del’Est, in particolare l’Ucraina. Da lì convogliato in l’Occidente e utilizzato in parte dai grossisti per le confezioni che poi finiscono sugli scaffali”.

Contro questo raggiro resistono con fatica i piccoli e medi apicoltori. Il Piemonte, prima regione italiana per numero di allevatori, cerca di controbattere con la qualità, ma non basta. La Regione Piemonte è intevenuta con sostegni e sgravi sui mutui, ma è necessario un piano nazionale. “C’è il rischio che molti giovani apicoltori – continua Scacchi – si scoraggino e lascino tutto, come sta già avvenendo. Scomparirebbe un patrimonio e anche la biodiversità”. Ma c’è, per fortuna, chi tiene le posizioni e sta in trincea, come Christian Invernizzi, giovane coltivatore diretto di Cameri, che ha lasciato l’attività negli uffici per dedcicarsi, con la moglie, all’apicoltura: ci crede, non intende mollare, ma ogni giorno è un eroismo. Proprio come le api che – stordite dal troppo caldo e dal clima cambiato – disperatamente a caccia di un fiore su cui posarsi. (g.f.q.)

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