Se paella e risotto rischiano il futuro

di Gianfranco Quaglia

Salvador Loring, vicepresidente dell’Associazione Industrie risiere spagnole, ha lanciato l’appello a Milano, durante il G7 del riso, il primo Forum europeo di sette Paesi produttori (Italia capofila) determinati a difendere il made in e sbarrare la strada alla concorrenza. “Avanti di questo passo – dice l’esponente iberico della trasformazione – i piatti tradizionali dell’Europa, la mia paella e il vostro risotto, saranno destinati a scomparire”.

Pensare che la paella spagnola possa subire un affronto di questa portata è quasi improponibile. Eppure, visti i rapidi cambiamenti in atto, l’instabilità del mercato e le previsioni che stimano un invenduto di prodotto europeo nei magazzini per oltre 500 mila tonnellate a fine campagna 2017, l’allarme di Loring ha un suo fondamento. Vale a dire: attenti perché un patrimonio gastronomico e culturale universalmente conosciuto come la pizza, è fortemente minacciato. Il discorso riguarda anche l’italico risotto, ma qui è d’obbligo un distinguo: mentre il piatto spagnolo non ha bisogno di essere promosso né nella terra d’origine né nel resto del mondo, il risotto – se pure riconosciuto come alfiere di una tradizione gastronomica – gode ancora di un gradimento circoscritto: Italia settentrionale soprattutto e soltanto in pochi casi nel resto d’Europa o nei ristoranti più alla moda di New York o Londra. Il problema è rappresentato, appunto, dalla promozione per ora troppo limitata. Lo ricorda Paolo Carrà, presidente Ente Nazionale Risi, che pur disponendo di fondi non può destinare più di 10 mila euro l’anno, a causa dei vincoli imposti dalla legge. Ecco perché uno dei cinque punti del documento programmatico firmato dai 7 paesi rivendica anche l’atuazione di campagne promozionali finanziate con fondi comunitari.

Paella e risotto alleati con tutti gli altri. Questa volta il documento non dovrebbe rimanere un pezzo di carta nei cassetti. Carrà vuole portarlo direttamente al neo presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, chiedendo il suo intervento per  porre fine alla valanga di riso straniero che invade l’Europa senza pagare dazio.

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