Scacco matto alla Regina. Con la Brexit niente Pac

di Gianfranco Quaglia

Sugli effetti del Dopobrexit si stanno misurando analisti, politici, economisti con previsioni più o meno nere sia per il Regno Unito sia per gli altri Paesi europei. La svalutazione della sterlina, prima conseguenza, potrebbe avere ricadute su alcuni prodotti Made in Italy. Il gorgonzola, ad esempio, formaggio Dop di cui Novara è portabandiera: attualmente la Gran Bretagna è il quarto paese europeo importatore per quantità, con oltre 1000 tonnellate l’anno. Supposizioni e proiezioni, per ora. Una quasi certezza, invece, deve averla l’inquilina più in alto di Buckingham Palace. Stiamo parlando dell’ultranovantenne regina Elisabetta II che non riesce a  metabolizzare la Brexit. E con lei il Principe Carlo. Questione di feeling, idiosincrasia o meglio di Pac. Perché i conti sono presto fatti: United Kingdom fuori dall’Ue uguale a esclusione dai sussidi agricoli previsti dalla Politica agricola comune  per le aziende agricole. La Pac si qui vituperata o invocata non ha fatto distinzioni: chi coltiva la terra ed è in regola con i parametri stabiliti da Bruxelles ha diritto a presentare la cosiddetta Domanda Unica che gli consente di beneficiare degli aiuti comunitari. Il fatto è che i più grandi beneficiari sono gli individui e le aziende che posseggono le maggiori quantità di terre. Quindi anche la Casa Reale inglese, proprietaria di molte farms. Qualche anno fa fecero scalpore le rivelazioni di un noto quotidiano inglese, l’Indipendent, che mise a nudo le cifre: il principe Carlo aveva beneficiato di sovvenzioni agricole per un totale di 680.000 sterline (quasi 993.000 euro) per le sue proprietà del ducato di Cornovaglia e Highgrove. La regina aveva avuto 545.000 sterline (796.000 euro) per le sue fattorie di Sandringham e del castello di Windsor. Ma sarebbe ingiusto puntare il dito soltanto contro la Casa reale britannica: circa il 70 per cento del denaro della Pac va al 20 per cento delle più importanti proprietà agricole europee; mentre i piccoli agricoltori, che rappresentano circa il 40% del settore, ricevono solo l’8% dei sussidi.

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