Scontro aperto Malmstrom-Industrie risiere italiane

Scontro aperto Malmstrom-Industrie risiere italiane

Hearing of Cecilia Malmström 

di Gianfranco Quaglia

 Cecilia Malmstrom (foto) commissario europeo al commercio, è stata lapidaria: «Il principio dell’esenzione da dazi e contingenti di riso è un potente strumento di sviluppo economico per i Paesi meno sviluppati, con l’iniziativa Eba (tutto tranne le armi) l’Ue si pone quindi in prima linea negli sforzi volti ad aiutare i paesi meno sviluppati a integrarsi nell’economia mondiale». Come dire: stop alle proteste, non c’è storia per le rivendicazioni della filiera risicola italiana che invoca da tempo, e inutilmente, la clausola di salvaguardia contro la valanga di cereale che entra in Europa a prezzi concorrenziali.

L’interrogazione al commissario

L’intervento della Malmstrom apre un nuovo fronte e suscita reazioni immediate, tanto che l’Airi (l’Associazione industrie risiere italiane) presieduta da Mario Francese, le ha già inviato una lettera di controdeduzioni. Un botta e risposta che allarga ancora di più il solco scavato tra il mondo del riso made in Italy e Bruxelles. Tutto è stato originato da una interrogazione che l’europarlamentare Aldo Patriciello (Ppe) ha presentato alla Commissione europea, ricordando le difficoltà del settore risicolo italiano che muove ogni anno circa 245 miliardi di euro tra consumi, export e distribuzione. «Nel 2008 – ricordava Patriciello – è stato concesso ai Pma di esportare prodotti a dazio zero, con il Myanmar che rappresenta il 18% dell’import, facendo registrare un aumento del 288% rispetto al 2013. Tale agevolazione ha messo in ginocchio il settore, danneggiando numerose famiglie, agricoltori e aziende».

<Nessun segno di turbativa>

Pronta la risposta della Malmstrom che difende gli accordi con il Sudest asiatico: «La Commissione è ben consapevole dell’importanza che l’industria europea del riso attribuisce alla questione delle importazioni. Tuttavia tali importazioni devono essere valutate anche alla luce della situazione globale del mercato; in particolare è importante verificare se esse non si limitano a sostituire le esportazioni di riso provenienti dai paesi terzi che non beneficiano di politiche di esenzione. L’import di riso dal Myanmar verso l’Ue è aumentata negli ultimi anni, ma quella dai paesi Eba ha parzialmente sostituito le importazioni dell’Ue proveinenti da altri paesi. Finora il mercato comunitario è stato in grado di assorbire questi ulteriori volumi. I livelli dei prezzi del riso nell’Ue rimangono elevati e i dati disponibili non mostrano segni di gavi turbative. Inoltre le importazioni provenienti dal Myanmar sono per lo più costituite di un tipo in particolare (rotture di riso), pe il quale la domanda è superiore alla produzione nell’Ue. Si noti infine che il 40% del suo consumo annuale è coperto proprio dalle importazioni, perché l’Ue non è autosufficiente in questo settore».

Airi: <Un regalo alle multinazionali>

Una risposta che sembra non lasciare spazio a repliche. Al contrario l’Airi ha inviato una lettera al commissario Malmstrom per evidenziare «come in realtà dall’eliminazione dei dazi stiano traendo beneficio società multinazionali che hanno investito in quei Paesi anche grazie a importanti finanziamenti di istituti bancari pubblici tedeschi, mentre i risicoltori cambogiani e birmani non avrebbero tratto alcun beneficio dall’aumento delle esportazioni. Inoltre la stampa cambogiana ha più volte riportato le dichiarazioni del Governo secondo le quali questa concessione ha anche favorito l’elusione delle norme sull’origine, con un flusso di riso proveniente da altri Paesi e che si avvantaggerebbe illegalmente della esenzione del dazio».

Infine l’Airi confuta le dichiarazioni del commissario contrapponendo i dati statistici: le importazioni di riso Indica nell’Ue sono aumentate in tre anni del 25%, raggiungendo il livello record di un milione e 120 tonnellate, con una previsione a un milione e 230 mila nella prossima campagna. «Con un consumo pressoché stabile – dice la nota – è evidente che questo aumento va a sostituire il prodotto comunitario. Solo in Italia le superfici seminate a riso Indica sono diminuiti da 71 a 35 mila ettari, segno evidente che i risicoltori non sono rimasti soddisfatti dei prezzi, nonostante il commissario affermi che questi rimangono elevati. Per competere con le importazioni a dazio zero le industrie hanno infatti dovuto comprare il risone a prezzi non remunerativi pe ri risicoltori. Infine l’offerta di risone Indica comunitario è largamente insufficiente a coprire la domanda e le superfici di japonica sono aumentate da 144 a 191 mila ettari, creando le premesse per una eccedenza di offerta e una prospettiva di difficoltà di collocamento».

Un grave squilibrio di mercato, dunque, che spingi gli industriali del riso a chiedere un incontro chiarificatore al commissario Malmstrom, un faccia a faccia.

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