Quei “bogia nen” corrono nel mondo con vini e nocciole

di Gianfranco Quaglia

C’erano una volta i “bogia nen”, in italiano letteralmente “non ti muovere”. Ma è anche il soprannome che si riferisce ai torinesi e ai piemontesi. Additati come “posapiano”, lenti, passivi. I piemontesi ribattono non ricorrendo a un sinonimo, ma con il significato opposto: caparbietà, senso del dovere, capacità di affrontare le difficoltà, fermezza e determinazione. Infatti l’espressione deriverebbe da un episodio storico, le gesta dei soldati sabaudi durante la battaglia dell’Assietta, nell’estate del 1747, quando difesero Torino dall’avanzata di 40 mila francesi. Di fronte alla situazione disperata, lo Stato Maggiore avrebbe invitato a ritirarsi delle posizioni, ma il comandante, conte Giovanni Battista Cacherano di Bricherasio, avrebbe imposto in dialetto: “Nojaotri i bogioma nen” (noi da qui non ci muoviamo). Così fu e il nemico venne respinto.

Sono trascorsi quasi trecento anni e da allora il Piemonte ha camminato parecchio, a volte ha dovuto rallentare, mai si è fermato. Nel mondo dell’agroalimentare, ad esempio, quando arrivano i piemontesi marcano il territorio. Dentro e fuori Italia. Gli ultimi dati riferiti all’export ci dicono infatti che non solo i “bogia nen” non arretrano, ma corrono. Qualche cifra: l’esportazione di nocciola e frutta è aumentata del 32%; i vini di Langhe, Roero e Monferrato (territorio patrimonio Unesco), +23%. In particolare la provincia di Asti fa registrare un incremento del 21,7, seguita da Cuneo (+19%); +14,8 per i dolci di Alba e Cuneo; +13,4 il riso, di cui il Piemonte è leader nazionale. Insomma, tanti record che smentiscono i luoghi comuni. 

 

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