Quando il riso ci invadeva attraverso il canale di Suez

Quando il riso ci invadeva attraverso il canale di Suez

di ENRICO VILLA.

L’avvio a Predappio, subito dopo la costituzione dell’Ente Risi, della prima campagna per aumentare il consumo del riso in Italia. L’immagine appartiene all’archivio storico dell’Ente Risi.
L’avvio a Predappio, subito dopo la costituzione dell’Ente Risi, della prima campagna per aumentare il consumo del riso in Italia. L’immagine appartiene all’archivio storico dell’Ente Risi.

Per la risicoltura italiana e europea della UE negli ultimi mesi del 2013 e nel primo semestre del 2014, (che dal 1° luglio coincide con il semestre di presidenza italiana della Comunità) l’apprensione, talvolta trasformatasi in vero e proprio “terrore economico”, si è accresciuta. Una volta ancora, causata dalla globalizzazione incontrollata che in parte contraddistingue la politica della Commissione comunitaria di Bruxelles, Cambogia, Birmania, anche Vietnam e paesi non ancora emergenti, sono diventati per il riso europeo una vera minaccia. Infatti, in poco più di un anno questi paesi dell’Estremo Oriente, in particolare Cambogia e Birmania oggi Myanmar, hanno importato in Italia e in Europa (quella mediterranea è la più interessata) senza più dazi all’incirca il 150% in più del loro riso. Non solo: i loro investimenti strutturali in tecnologie e installazioni lasciano prevedere che il loro pressing prosegua mancando l’applicazione della clausola di salvaguardia ( il ripristino dei dazi) da parte della Commissione di Bruxelles come prevedono i trattati.
Questa volta la reazione da parte delle categorie agricole ( ma anche specialistiche di trasformazione) è stata decisa e senza dubbi. Nelle province risicole (in Piemonte, Lombardia, Emilia, Veneto, Sardegna, Calabria) Confagricoltura e Cia, che da un anno agiscono sotto la sigla operativa Agrinsieme, hanno avviato nei primi quindici giorni di luglio un’azione di sensibilizzazione delle istituzioni locali, sindaci dei capoluoghi in primis. E affollate manifestazioni pubbliche hanno attratto l’attenzione dei consumatori davanti alle sale di contrattazioni attrezzate per il riso a Vercelli, Novara, Pavia, Mortara, Oristano e anche nelle Borse Merci meno specializzate. La strategia della Coldiretti, che ha in parte determinato la confluenza delle altre organizzazioni professionali dell’area di risaia, è stata diversa.
Manifestazioni regionali ( in particolare, a Torino in piazza Castello e a Milano in piazza Duomo) anche destinate ai consumatori con la proposta, gradita, di insalata di riso alla piemontese e di risotto lombardo allo zafferano. Inoltre, le delegazioni Coldiretti ai prefetti e ai presidenti delle regioni interessate hanno prospettato in dettaglio la situazione al limite del drammatico venutasi a creare, aggiungendo senza giri di parole che cosa potrebbe accadere se continuassero senza salvaguardia le importazioni di riso dall’Oriente: il cedimento di schianto della risicoltura italiana ed europea con la fine di migliaia di aziende e la soppressione di decine di migliaia di posti di lavoro. Uguali spiegazioni in un incontro a Roma sono state date al ministro delle Politiche Agricole, Martina il quale, anche nel contesto della presidenza Ue italiana, ha assicurato che il governo agirà sulla recalcitrante Comunità.
A luglio, in piazza Duomo a Milano in mezzo alle bandiere con i colori sociali della Coldiretti, sono comparsi grandi cartelli inquadrati dalle telecamere presenti con la richiesta della soppressione dell’Ente Risi, chissà perché dai compilatori incolpato della presunta responsabilità della situazione lamentata. Ma la Coldiretti nei suoi comunicati ha subito rettificato: l’Ente Risi, da confermare, deve essere modernizzato con una più incisiva politica di comunicazione e di marketing, mentre dovrebbe essere istituita un’unica Borsa Risi. Però non è ancora stato indicato dove: a Vercelli, a Novara, a Milano? Scorrendo la storia risicola italiana degli ultimi 150 anni e le aggressioni commerciali dall’Oriente non è la prima volta che questo avviene. Nel 1862 nella Pianura Padana il riso era coltivato su 120.00 ettari. Poi dal 17 novembre 1869 quando le risaie si erano estese a oltre 200.000 ettari, le navi non più costrette ad un lungo periplo, attraverso il canale di Suez scaricarono sull’Italia la prima alluvione di risi orientali. La seconda fu negli anni Trenta (superficie contratta a 116.000 ettari) alla vigilia, nel 1931, della istituzione dell’ Ente Risi anche allora attaccato con lettere anonime inviate al Governo. Da allora le “crisi per importazioni” sono ricorrenti, così come sono periodici i progetti attuati per aumentare il consumo del riso come sta ora chiedendo la Coltivatori Diretti.

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