Primi in Europa, bastonati nei prezzi

di Gianfranco Quaglia
L’agricoltura italiana è prima in Europa. Lo testimoniano i numeri: nel 2015 ha prodotto il valore aggiunto più elevato di tutta l’area Ue, con 32,4 miliardi. Anche per ettaro risulta essere più del doppio della media Ue, il triplo del Regno Unito, il doppio di Spagna e Germania, il 70 per cento in più della Francia. Questa <performance> è stata determinante in Italia nella rilevazione delle cifre relative all’occupazione in generale, cresciuta del 2,2%. Come dire: l’agricoltura contribuisce in modo sostanziale ad aumentare i posti di lavoro, sia per unità dipendenti che in proprio.
Insomma, la percezione, anche palpabile attraverso le numerose iscrizioni agli istituti agrari e alle facoltà universitarie di agraria, trova riscontro in questi bilanci. Il ritorno alla terra e più in generale l’approccio dei giovani all’agroalimentare non sono soltanto una sensazione. Sin qui tutto bene, se non fosse che il rovescio della medaglia è dipinto a tinte fosche. E ci riferiamo all’andamento dei prezzi. Secondo un’indagine Coldiretti ad aprile 2016 i compensi riconosciuti agli agricoltotri italiani sono crollati del 13% rispetto allo stesso mese dello scorso anno con riduzioni che vanno dal 40% della frutta al 30% per l’olio d’oliva fino al 13% per gli ortaggi e il 9% per i cereali. Per non parlare del prezzo del latte alla stalla, che non copre più i costi di produzione.
A proposito di costi. Non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa c’è la tendenza a scaricarli sulle aziende agricole, a beneficio della grande distribuzione. Non è soltanto una tesi sostenuta dagli agricoltori. La Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori del Parlamento europeo ha adottato una risoluzione non legislativa sulle pratiche commerciali sleali, richiamando l’attenzione sugli squilibri di reddito e di potere nella filiera alimentare. In altre parole: gli agricoltori subiscono la legge del più forte, quella della grande distribuzione, che deprimendo i prezzi mette a rischio la sostenibilità a lungo termine delle aziende agricole.

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