Pac, Pei, Pif, Vas, Swot. Dietro la selva degli acronimi una svolta per l’agricoltura

Pac, Pei, Pif, Vas, Swot. Dietro la selva degli acronimi una svolta per l’agricoltura

di Enrico Villa

pacAderendo ai principi fondanti della nuova Pac che dovrà cambiare il profilo agroalimentare negli anni 2014/2020, nella tarda estate 2014 i partner comunitari hanno presentato a Bruxelles una novantina di piani di sviluppo rurale. Tra di questi, i piani di sviluppo rurale di due regioni italiane forti: il Piemonte che è appena stato classificato patrimonio dell’umanità dall’Unesco per via dell’irripetibile paesaggio del Roero/Monferrato dove i vini sono oro; e la Lombardia, dove industria e agroalimentare fanno un tutt’uno economico che anche sarà supporto di Expo 2015. Esiste, poi, un altro comun denominatore per il Piemonte (Vercelli e Novara, con Alessandria) e la Lombardia (il Pavese): la coltivazione del riso, la più diffusa nell’Europa comunitaria con circa 200.000 ettari che producono il cereale ad elevata qualità in concorrenza con il riso proditoriamente proveniente dalle aree extracomunitarie.
La novantina di piani di sviluppo rurale, unitamente agli aiuti diretti previsti dalla muova Pac 2014/2020, dovrebbero consentire la prosecuzione dei processi di sviluppo rurale iniziati tanti anni fa, quando l’Ue non era ancora a 28, o a 29 dopo l’ammissione alla fine del 2014 dell’ultimo partner. Una peculiarità comune fra i piani di sviluppo rurale, in particolare quelli del periodo 2007/2013, è rappresentata dalla coerenza fra il vecchio e il nuovo. Infatti, nella grande area qualificata da imprenditori che anche sono consumatori non ci dovrebbe essere soluzione di continuità. Nel Portale dello sviluppo rurale, predisposto dagli organismi comunitari e facilmente accessibile tramite internet da ogni angolo dell’Ue, sono stati predisposti scenari locali che evidenziano un altro aspetto importante: non tutte le regioni di tutti i partners sono allo stesso livello di sviluppo per cui, anche con l’intervento dei singoli stati, le maggiori debolezze dovrebbero essere sanate. Fra cinque anni, cioè nel 2020, l’obiettivo generale indicato da Bruxelles dovrebbe essere una ragionevole omogeneità rurale territoriale, pur tenendo conto e valorizzando le caratteristiche dei singoli territori da cui hanno anche origine le spiccate peculiarità dei singoli prodotti agroalimentari.
La Comunità Europea, indicando nell’estate del 2013 gli aspetti fondamentali di quelli che avrebbero dovuto essere i piani di sviluppo rurale 2014/2020 quale continuazione dei precedenti, ha anche elencato le priorità dalle quali, se possibile, non prescindere. Sono sei da conseguire, utilizzando gli investimenti attuati attraverso i bandi, messi a disposizione da Bruxelles più i fondi deliberati da ogni singolo stato attraverso le regioni. Eccoli: trasferimento di conoscenze per conseguire altre prospettive tecnico-scentifiche a favore delle aziende o di gruppi di imprese; comunicazione nell’ambito del territorio e fra territori diversi; sviluppo delle strutture agroalimentari, anche in grado di influenzare i corsi di mercato; possibile armonizzazione e difesa degli ecosistemi; impiego realmente efficiente delle risorse; inclusione dei nuovi soggetti sociali riguardanti, per esempio, la multifunzionalità rurale un tempo non considerati e che adesso, in alcune aree europee, stanno già mutando la fisionomia. Agriturismo e assistenza sociale pedagogica o destinate alle popolazioni più anziane sono tra le nuove voci più importanti da annoverare
Nel predisporre le linee generali dei piani di sviluppo rurale, in Italia approvati mesi fa dalla Conferenza Stato/Regioni, gli organismi comunitari di Bruxelles e di Strasburgo hanno insistito su alcuni risvolti: in generale sul rapporto bassa occupazione-territorio, sulla non sempre rigorosa tutela degli ecosistemi nonché sullo scarso ruolo delle infrastrutture in relazione ai mercati. Di conseguenza, alla maniera forse un po’ troppo burocratica, le indicazioni principali sono state incapsulate in una selva di acronimi sulla quale si rischia di perdersi: ad esempio, Vas per valutazione, o Pei per partenariato europeo, o Pif per progetto integrato di filiera. Ma c’è di più. I piani di sviluppo rurale a Bruxelles sono stati concepiti in base al metodo Swot che in ogni piano comprende quattro scenari possibili: di forza, di debolezza, di opportunità e di minaccia. Tenerne conto significherà attuare positivamente un piano di sviluppo rurale così come avvenne negli anni Sessanta quando lo Swot fu inventato negli Stati Uniti e come é generalmente usato dal marketing. Le regioni importanti come Piemonte e Lombardia lo hanno adottato scrivendo veri e propri trattati di sviluppo per i prossimi cinque anni. Infatti lo Swot permetterà i dovuti risparmi non rinunciando ai risultati, anche tenendo conto che i fondi comunitari saranno decrescenti nel prossimo quinquennio.

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