Pac in agrodolce per i risicoltori italiani

Pac in agrodolce per i risicoltori italiani

di Gianfranco Quaglia

Sarà una Politica Agricola Comune meno amara per i risicoltori, rispetto alle aspettative e ai timori iniziali. Si potrebbe definire “agrodolce” considerando il recupero ottenuto in Italia, in altre parole le compensazioni che andranno ad attenuare i tagli annunciati dalla nuova Pac. Lo hanno Paolo Carrà, presidente di Ente Nazionale Risi, e il direttore generale Roberto Magnaghi (foto) durante il convegno che si è tenuto al Centro Ricerche di Castello d’Agogna, dove sono stati premiati i moltiplicatori delle sementi. Un momento per fare il punto della situazione e guardare al futuro prossimo venturo, con la partecipazione del sottosegretario alle Politiche Agricole, Centinaio.

La scure prevista da Bruxelles sui contributi di sostegno (i pagamenti diretti a ettaro) è infatti “addolcita” dall’intervento del Ministero delle Politiche Agricole che con il ministro Patuanelli ha accolto le istanze della filiera risicola italiana. Carrà ha ricordato che Ente Nazionale Risi, con il contributo di Nomisma, è stato l’unico comparto agricolo a presentare uno studio specifico sull’impatto che la nuova Pac, con i tagli del budget dedicato, produrrà sull’intero settore agricolo. “Circa il 40 per cento in meno degli aiuti diretti” ha sottolineato Magnaghi. Questo divario deve essere colmato, pena l’impossibilità di continuare a produrre. Il confronto con Patuanelli è stato serrato e proficuo: il Ministero ha stanziato 74 milioni di euro per coprire la differenza e assicurare stabilità alla risicoltura, già assediata dall’arrivo di cereale a dazio zero in Europa e quindi fortemente concorrenziale nei prezzi.

Intanto il sondaggio sulle semine condotto come ogni anno da Ente Nazionale Risi evidenzia una leggera diminuzione della superficie: 224.300 ettari, con un calo di circa 2.700 rispetto al 2021 (-1,2%). Le varietà che subiscono maggiori contrazioni sono il Centauro (-24%), il S. Andrea (-52%), Baldo e similari (-49%), Arborio e similari (-11,9%), Loto e similari (-10%). In aumento il Selenio (11%), altri tondi (22%), il lungo B (Indica e cristallini) con un +18,36%.

Le indicazioni, che arrivano da 1.069 produttori (il 29 per cento della superficie totale) tengono conto ovviamente delle oscillazioni delle quotazioni di mercato e delle prospettive.

Le preoccupazioni dei risicoltori non sono isolate, sono condivise anche da altri comparti agricoli e non solo italiani. Le strategie Farm to Fork, Biodiversity, Green Deal, ispirati dalla nuova Politica Agricola Europea, puntano a una migliore difesa ambientale ma al tempo stesso sacrificano parte della produzione. Secondo l’ultimo studio commissionato alla Wageningen University & Research da diversi stakeholder della filiera agroalimentare, il taglio si aggirerebbe tra il 10 e il 20 per cento. Tradotto in euro l’impatto negativo sarebbe di 56 miliardi di euro in termini di perdita di valore aggiunto con l’incremento dei terreni a biologico e un arretramento di circa 140 miliardi in caso di riduzione dell’uso di agrofarmaci e fertilizzanti. Inoltre aumenterebbero le terre a riposo, il cosiddetto “set aside”, nella misura del 10 per cento.magnaghi

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