Nel fienile diventato museo una love story raccontata da 375 lettere (fotogallery)

Nel fienile diventato museo una love story raccontata da 375 lettere (fotogallery)

di pomera7 Gianfranco Quaglia

In principio non osavano darsi del tu, ma scrupolosamente usavano il lei. E a debita distanza, anzi separati da centinaia di chilometri e soltanto attraverso missive: tono e forma prendevano forza strada facendo, sino ad arrivare a rivolgersi con il tu.

Questa è la storia di un amore per corrispondenza nato e cresciuto attraverso l’Europa, alla fine sfociato nel matrimonio e tre figli. Ai tempi degli sms, delle frasi sincopate, dei social e di WhatsApp, quel <parlarsi> con tutta la prudenza del caso, il rispettoso approccio che palesava speranza e batticuore, oggi può far sorridere. Ma negli Anni Trenta, quando questa storia ha inizio, è perfettamente comprensibile. E Maria Gabriella Trisoglio, titolare dell’agriturismo <La Pomera> di Vignale Monferrato (Alessandria) l’ha colta tutta e conservata, ritrovando 375 lettere che i due innamorati si scrissero: nulla di clandestino, ma un diario d’amore limpido che sembra uscito dalle novelle di Liala, ora catalogato in un dossier che appartiene al museo creato da Gabriella. E’ il suo ex fienile dell’azienda agricola ereditata dai genitori, trasformata in agriturismo fra i più apprezzati del Monferrato. Quel fienile è diventato una galleria del tempo, dove la signora Gabriella ha ricostruito uno spaccato sociale delle diverse epoche: non solo utensili agricoli, ma anche abiti da sposa, l’aula scolastica, l’ufficio postale. E in un angolo, quelle lettere che parlano di un amore complicato, di un sogno che stava per infrangersi a causa delle distanza, ma infine coronato come accade nelle favole.

I figli di questa coppia si sono tutti trasferiti all’estero per lavoro e quelle missive erano già state destinate al macero, ammucchiate a tanto altro materiale di scarto. Quando Gabriella l’ha saputo, si è precipitata a Lu, pochi chilometri da Vignale, e ha recuperato il plico, assieme a immagini ancora ben conservate che riguardano il matrimonio dei due protagonisti, il vestito da sposa. E la storia è affiorata dal passato, a poco a poco, leggendo pagina dopo pagina scritta con calligrafia minuta da entrambi, ma con mano ferma, il pennino intriso nel calamaio, come usava.

Lui, Rino, era un ingegnere tessile di Lu Monferrato, apprezzato <manager> come si direbbe oggi, specializzato a riconvertire, salvare e rilanciare industrie del settore. Tanto da essere chiamato in tutta Europa, e non solo, grazie alle sue capacità professionali. Viaggia molto, si sposta da una città all’altra, ma a un certo punto sente anche il bisogno di accasarsi, di un punto di riferimento. Per la verità è un amico che quasi a sua insaputa gli procura un annuncio sul <Corriere della Sera>: <Giovane ingegnere, ottima posizione ecc. ecc.>. Rispondono in 300. Lui vaglia tutte le risposte, una in particolare lo colpisce per dolcezza e semplicità: è di Emilietta, impiegata di Novara che lavora in uno studio a Milano. Da quel momento fra i due s’intreccia una fitta corrispondenza con indirizzi al mittente di lui che cambiano con rapidità: Ginevra, Parigi, Londra. E’ l’estate del ’32. Dal lei dopo tre mesi si passa al tu, l’ingegnere osa un approccio rivolgendosi alla futura promessa sposa chiamandola <Miulina>. Un vezzeggiativo, il segno di un amore sbocciato e coltivato a distanza, senza mai vedersi, sensa Facebook e nessun like. E dopo sei mesi l’incipit della missiva è: <Miulina, mia adorata tutta d’oro e di diamantini…>.

Poi il ritorno in Italia, l’ingegnere si precipita a Milano, o forse a Novara, da dove ogni mattina Emilietta prende il treno per andare in ufficio. Sono passati due anni dalla prima lettera, quando Rino e Miulina si sposano, ma è destino che non possano vivere un menage tranquillo. L’ingegnere riprende a viaggiare e peggio ancora li separa la guerra che scoppierà. Che tuttavia non riesce a interrompere quella bella abitudine di scriversi: alcune lettere ritrovate da Gabriella testimoniano l’intenso scambio anche durante il periodo bellico.

Di questa storia si sarebbe persa ogni traccia se l’imprenditrice, punto di riferimento della Coldiretti e di Campagna Amica, non avesse avuto idea e intuito di immortalarla come un cimelio nell’ex fienile. Oggi riemerge dal passato come un inno all’amore e alla tenerezza.

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