Memoria&Futuro: Teobaldo, l’uomo del Barolo Chinato

Memoria&Futuro: Teobaldo, l’uomo del Barolo Chinato

Nel 2008, al 42° Vinitaly di Verona, è Teobaldo Cappellano il designato dalla Regione Piemonte, tramite l’allora Assessore all’Agricoltura Mino Taricco, a ricevere la Gran Medaglia di Cangrande: il prestigioso riconoscimento che, in ogni edizione del Vinitaly, la Fiera di Verona assegna ai benemeriti della vitivinicoltura segnalati dalle Regioni.

Teobaldo Cappellano nasce ad Asmara, in Eritrea il 1 luglio del 1944. Ad Asmara risiede nella prima parte della sua vita; e qui cresce, lavora, si sposa, e dove esplica la passione per il vino aprendo la sua prima cantina con 6 dipendenti. Rientra in Italia nel 1970 e inizia a lavorare nella storica azienda vitivinicola di famiglia, a Serralunga d’Alba, della quale successivamente ne assume la titolarità assieme alla moglie Emma Orsi. Con il diploma in chimica che viene equiparato a quello di enologo, Cappellano, oltre a quella di produttore vitivinicolo, estende il suo impegno in campo politico-amministrativo come consigliere comunale di Serralunga d’Alba e consigliere del Comprensorio Alba-Bra. Esplica il suo talento e la sua vivacità intellettuale come giornalista (corsivista della Gazzetta d’Alba) e come autore di diverse pubblicazioni, tra cui il libro delle edizioni Paoline “Barolo, storia di un successo mancato”.

Ma il suo maggiore impegno si svolge in campo vitivinicolo, in battaglie d’avanguardia e in controtendenza che ne fanno un pioniere protagonista nella lodevole opera di tutela e valorizzazione dei vini e dei relativi territori, in particolare sul più grande in assoluto: il Barolo. Un’attività, questa, esplicata come produttore innovativo, geniale, anticonformista e ancor più nei suoi numerosi incarichi, tra i quali ricordiamo quello di presidente per oltre un decennio dell’Enoteca Regionale del Barolo e di consigliere e vicepresidente del Consorzio tutela Barolo, Barbaresco e vini d’Alba. E’ stato anche presidente dell’Associazione nazionale “Gruppo vini veri”.

Teobaldo Cappellano è anche l’uomo del Barolo Chinato: fu proprio suo nonno Giuseppe Cappellano, farmacista di Serralunga d’Alba, sul finire del 1800, uno dei due inventori del Barolo Chinato, a base di Barolo, China Calissaia e altre spezie (le ricette sono segrete). Prodotto che conobbe fama e fortuna internazionale fino al periodo della 2° guerra mondiale; nel dopoguerra, infatti, il Barolo chinato visse lunghi anni di indifferenza e oblio, per ritornare, negli ultimi decenni, a rappresentare uno dei prodotti di eccellenza Albese e del Piemonte. E si deve soprattutto a Teobaldo Cappellano, di aver riportato in auge il Barolo Chinato, continuando a proporlo come produttore, e ancor più con battaglie culturali per far riscoprire tale prodotto, per tutelarne e garantirne le qualità che si è concretizzata, grazie all’impegno di Cappellano, nell’inserimento del Barolo Chinato nel disciplinare della DOCG Barolo (caso ancora unico nel panorama italiano dei vini aromatizzati).

L’allora Assessore all’agricoltura della Regione Piemonte, Mino Taricco, aveva così commentato la designazione di Cappellano per il Cangrande: “Il conferimento della Gran Medaglia Cangrande a Teobaldo Cappellano”, è un meritato riconoscimento ad un produttore che ha condotto con fervore e intelligenza la storica azienda di famiglia in Serralunga d’Alba, e che è stato un protagonista della storia vitivinicola del Piemonte, e del Barolo in particolare, distinguendosi nell’opera di tutela e valorizzazione. Credo, inoltre, che tale riconoscimento possa anche rappresentare un simbolico omaggio ad un personaggio che ha condotto e conduce tante battaglie, spesso scomode o controtendenza, sempre con grande onestà morale e intellettuale, emblema di quella “ricchezza delle diversità” che costituisce uno dei punti di forza del nostro Piemonte”.

Teobaldo Cappellano muore ad Alba il 20 febbraio 2009. Ed è il figlio Augusto, laureato in chimica, che ne raccoglie il testimone e che affianca la madre nella conduzione dell’azienda e in continuità con lo spirito di Teobaldo. E il senso di questa continuità lo ricordiamo con le stesse parole di Augusto Cappellano: ” … ricevetti, ancora bambino, l’onore ed il compito di proseguire la storia del Barolo Chinato Cappellano … ho trascorso gran parte della giovinezza tra il mortaio e lo studio della chimica. Una volta intrapresa la carriera accademica qualcosa però cambiò di fronte ad un tramonto tra le vigne … e mi resi conto che l’indole e l’appartenenza mi stavano riportando al vino e alla cantina.

“Bisogna essere un po’ matti per voler trascorrere la vita a guardare il cielo”, mi ripeteva mio padre … questa frase sottintende giustamente una buona dose di romanticismo. Sono – purtroppo – un romantico come mio padre e – come mio padre – indubbiamente un po’ folle. La sua scomparsa è stata una perdita ed un dolore incredibile, per tutti noi e per la cantina. In pochi avrebbero scommesso sul fatto che ci sarebbe stato un futuro. Invece le notti insonni di chi ha perso qualcuno di irrecuperabile sono state la mia, la nostra, risorsa… Abbiamo riportato ordine nel caos creativo di quel genio che era Baldo …Credo, come lo credeva mio padre, che la discriminante siano il rispetto e la tutela della natura, dell’ambiente … mi ritengo fortunato perché ho potuto accostare gli insegnamenti contadini alla conoscenza tecnica e scientifica delle pratiche colturali biologiche… Credo inoltre che la differenza la facciano sempre le persone, che siano le relazioni a dover essere coltivate e valorizzate… La Cantina Cappellano è ciò che è oggi grazie ai miei avi, a mio padre. Ma anche grazie agli amici produttori che mi sono stati accanto e mi hanno sostenuto quando ho perso mio papà; a mia madre che è sempre stata ed è tuttora un pilastro dell’azienda; a ciascuno dei miei collaboratori che credono e amano la filosofia che anima la cantina Cappellano. Ed oggi, mentre ancora con gli stessi strumenti utilizzati dal mio prozio frantumo le droghe, posso dirmi orgoglioso di avere tra le mani la sintesi di un secolo e mezzo di storia della mia famiglia”.

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