L’Europa del riso fa sentire la voce con il G7 a Bruxelles

di Gianfranco Quaglia

A Bruxelles. Il 23 gennaio il mondo del riso farà sentire la sua voce, questa volta nelle stanze del potere europeo, dopo il vertice G7 che si era tenuto nel 2016 a Milano, organizzato dall’Ente Nazionale Risi con tutti gli esponenti della filiera europea per richiamare l’attenzione sul problema delle importazioni dal Sudest asiatico. Era stato un messaggio forte, sfociato in un’altrettanta azione decisa del Governo italiano che aveva spinto su Bruxelles. A distanza di un anno, tuttavia, le intenzioni e i risultati sono rimasti sulla carta: lo scudo contro l’import è ancora di là da venire, la Commissione ha chiesto un ulteriore approfondimento sul dossier presentato dall’Italia. Ecco perché questo secondo Forum, che coinvolge i principali Paesi produttori (Italia, Spagna, Francia, Portogallo, Grecia, Ungheria, Romania) assume un significato importante, quasi perentorio. Ente Risi, con il presidente Paolo Carrà, vuole tentare l’affondo e per farlo chiede, così come un anno fa, l’appoggio dell’Europa del riso. Il Forum si svolgerà nella sede del Copa-Cogeca, il cui gruppo riso è presieduto da Giuseppe Ferraris. Invitati gli stakeholder e gli europarlamentari dei Paesi risicoli dell’Ue. La scelta della data non è casuale: coincide con la discussione della clausola di salvaguardia da parte della Commissione europea, chiamata a dare risposta alla mossa congiunta dei ministri Martina-Calenda, che insieme hanno inviato il documento di richiesta. Con industriali e rappresentanti del mondo produttivo anche il presidente del sindacato risicoltori europei, il francese Bertrand Mazel. Sul tappeto non ci solo temi di ordine economico, ma anche etico e politico. Le concessioni a dazio zero alla Cambogia sono motivate da ragioni umanitarie e solidaristiche. Ebbene, proprio queste ultime saranno al centro della discussione: infatti il Forum vuole sensibilizzare le istituzioni politiche sulla violazione dei diritti umani nel Paese cambogiano, per stigmatizzare che di quelle concessioni non hanno beneficiato i contadini coltivatori. Infine si parlerà anche della reciprocità nell’uso dei fitofamraci, chiedendo regole che valgano per tutti e non penalizzino soltanto i risicoltori Made in Europa.

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