Le verdure si prendono la rivincita sui fiori

Le verdure si prendono la rivincita sui fiori

di Enrico Villaverdure

Le verdure dell’orto al posto dei fiori prodotti in Italia, che dalla Liguria, dall’Emilia e dalla Toscana l’Italia esporta in tutta Europa, anche battendo i tulipani olandesi, in arrivo grazie alla grande distribuzione tedesca, francese e di altri paesi del Continente. Ma da oltre due anni, forse per l’influenza dei vegetariani, nelle convention economiche e politiche, i fiori hanno lasciato il posto alle verdure, quasi tutte coloratissime. I cinque colori fondamentali della verdura aiutano sempre di più i decoratori e gli architetti dell’ambiente, trasferiti dai “giardini all’italiana”, come sul Lago Maggiore sia nella sponda piemontese nonché in quella lombarda e nell’altra elvetica. Forse sta prevalendo la “moda vegana”. E il pubblico ha preso maggior consapevolezza di questa moda con risvolti economici da non sottovalutare anche per le vicende che, per Siria e Medio Oriente, hanno coinvolto l’Occidente e l’Unione Europea. Infatti, per la questione Federazione Russa-Ucraina, le sanzioni che nell’agosto di un anno fa hanno colpito Mosca, le esportazioni di verdura si sono sensibilmente ridotte. I mass-media ne hanno parlato ampiamente, i consumatori se ne sono resi più conto anche per le oscillazioni dei prezzi e, in parte, si è anche affermata la moda di affidare l’estetica di ambiente alle verdure al posto dei fiori.

Pertanto, più di un tempo, hanno assunto maggior valore presso il consumo le “schede” che testimoniano l’indubbio valore economico dei generi commerciali, ai danni dei produttori italiani che riguardano pomodori, olio marocchino senza dazio UE, miele, prodotti bio fatti passare “per italiani”, invece provenienti dai partner della CEE ma soprattutto dai paesi dell’Est con consistenti disponibilità di ortaggi prodotti senza il rispetto di regole a cui vanno aggiunte le gravi distorsioni sui fitofarmaci pericolosi. In proposito, su questo scenario è stata fatta una analisi completa di Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti. Sostiene Moncalvo, richiamando violazioni, in particolare la mancanza di etichettature e di altre informazioni di origine che riguardino olio spagnolo e africano, pomodori e altra verdura, miele oltre alla questione così acuta del latte al 50% consumato in Italia proveniente dall’estero: “A tutto questo, si debbono aggiungere gli accordi commerciali tra l’Unione Europea e alcuni paesi terzi che appesantiscono l’offerta di prodotti agroalimentari e mettono in crisi le produzioni Made in Italy”.

Anche altre analisi degli ultimi anni evidenziano l’agroalimentare di cui le verdure sono sempre state una colonna portante. Gli italiani consumano adesso 60 chilogrammi pro capite (247 grammi al giorno) di insalate, peperoni, melanzane, sedani, patate e altro ancora. In ogni caso – secondo le analisi richiamate – quello che produciamo nella penisola non basta. E allora importiamo 850.000 tonnellate di ortaggi all’anno, solo compensate da esportazioni in diminuzione rispetto ad anni fa che si aggirano sulle 600.000 tonnellate circa. Anche il contraccolpo rappresentato dalle sanzioni verso la Federazione Russa ha avuto il suo effetto, aggiunto al “caro vita” il quale in Italia si è fatto avvertire molto: i consumi familiari hanno avuto una flessione di circa il 35-40% con patate (53%), cipolle (17%), pomodori (8%), peperoni (7%), zucchine (4%). In ogni caso, in Italia, l’affare ortaggi e verdure vale circa 750 milioni di euro che soprattutto riguardano i mercati generali disseminati sullo stivale, la grande distribuzione, per ultimi i mercati rionali, i negozi di vicinato e i banchetti che quotidianamente, secondo una antica tradizione italiana, sono presenti nelle piazze e nelle vie delle nostre città.

Un altro aspetto interessante che l’analisi di Coldiretti evidenzia, riguarda i boschi produttivi come gli aranceti che, abbandonati dai loro proprietari alla lunga causano anche squilibri ambientali .Soprattutto nel Sud italiano, a causa del basso prezzo dei prodotti “Negli ultimi 15 anni sono andati persi 60 mila ettari di agrumi e ne sono rimasti 124 mila dei quali 30 mila in Calabria e 71mila in Sicilia. Il disboschimento delle campagne – prosegue la analisi – è il risultato di una vera invasione di frutta straniera con le importazioni di frutta fresca e trasformata che negli ultimi 15 anni sono praticamente raddoppiate per raggiungere nel 2015 il massimo storico di 480 milioni di chili per i soli agrumi”.

L’invasione, che minaccia di diffondersi anche con i trattamenti privilegiati ai paesi del Nord Africa e orientali di Bruxelles, a parere dei vertici delle organizzazioni agricole si può arrestare in un modo sicuro: con etichettature dettagliate e bene redatte. Ma, a quanto pare, è quello che l’Unione Europea non vuole come, invece, desiderano gli italiani e altri Paesi CEE, come per esempio la Francia.

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