La risaia Unesco? Sì, solo se la cultura prevarrà sui soldi

di Gianfranco Quaglia

La risaia italiana potrebbe diventare il cinquantaseiesimo sito Unesco nel mondo? Se ne discute da tempo, molti lo auspicano, qualcuno lo teme. Non tutti sono d’accordo. Eppure avrebbe i presupposti. Nessun altro territorio europeo può essere paragonato all’area compresa tra Vercelli, Novara, Lomellina. Tanto che anche Bruxelles ne riconosce le potenzialità sotto i profili ambientale, storico, paesaggistico, colturale. Se ne è parlato recentemente durante una seduta via webinar dell’Accademia dell’Agricoltura di Torino, relatore Roberto Cerrato, site manager del sito Unesco Langhe-Roero-Monferrato. L’incontro era appunto dedicato a questo patrimonio, alle sue origini, potenzialità e sviluppi enormi colturali, oltre a quelli già in essere dal punto di vista agricolo-economico: 200 milioni di bottiglie l’anno sui mercati di tutto il mondo.

Paolo Carrà, presidente di Ente Nazionale Risi, che partecipava all’incontro come socio, ha posto una domanda precisa: che cosa ne pensa di un riconoscimento Unesco della risaia italiana? Cerrato ha risposto così: “Qualche anno fa, con l’allora assessore regionale all’agricoltura Giorgio Ferrero, venni invitato a una riunione da un Consorzio agricolo nel Vercellese dove si parlava proprio di questo tema. Ebbene, al termine mi resi conto che non esiste ancora una volontà, che il progetto non ci può stare. E sapete perché? Purtroppo prevale una visione soltanto economica e non culturale. E ricordo che più d’uno dei presenti mi chiese: ma a noi che cosa ci viene in tasca con il riconoscimento?”.

“Niente di più sbagliato – ha proseguito Cerrato. – Nella costruzione del progetto Langhe-Roero-Monferrato non siamo partiti dall’economia, ma dalla storia e dalla cultura”

“Molto chiaro, condivido” ha risposto Carrà. Insomma, un percorso ancora tutto da costruire.

 

You must be logged in to post a comment Login