La risaia da remoto accende il dibattito sull’uso dell’acqua

di Gianfranco Quaglia

Acqua al centro di un inverno da remoto. Così si potrebbe definire la “full immersion” dedicata ai risicoltori nei mesi solitamente utilizzati per incontri, confronti, in sintesi aggiornamento professionale che si identifica con la formazione continua diventata indispensabile anche nel mondo agricolo. Una serie di webinar organizzati da Ente Nazionale Risi e dalle Università hanno collegato centinaia di imprenditori del “triangolo d’oro” del riso italiano (Novara-Vercelli-Pavia) e di altre zone vocate alla risicoltura. Si è parlato di infestanti, concimazione, patogeni, ma soprattutto di tecniche agronomiche rivolte al contenimento dell’impatto ambientale e in linea con un’agricoltura sostenibile e il “Green deal” promosso dall’Europa. In particolare il capitolo irrigazione è stato centrale, con la presentazione dei risultati di alcuni progetti (Riswagest e Innovaweedrice). L’utilizzo irriguo per il riso è un tema che coinvolge non solo i risicoltori, ma anche tecnici, ricercatori, ambientalisti. La percezione dei risparmi idrici e di un impiego ragionato delle risorse in risicoltura da alcuni anni è molto alta. Se ne discute da tempo, soprattutto da quando molti imprenditori (soprattutto in Lomellina) hanno sposato la tecnica della semina interrata o sommersione ritardata della risaia. In altre parole: la risaia che parte in asciutta, senza l’allagamento tradizionale delle camere. Difficile trovare una sintesi nel dibattito che si riproporrà fra pochi mesi: rinunciare alla tecnica tradizionale fa risparmiare acqua? La professoressa Arianna Facchi, ricercatrice del Dipartimento di Scienze Agrarie e ambientali dell’Università di Milano, in un recente webinar ha presentato i risultati di uno studio condotto nel distretto di San Giorgio Lomellina. Conclusioni: con la semina in asciutta e la sommersione intermittente si sono avute perdite nella produzione del 30%. Facchi si è avvalsa di modelli matematici che hanno evidenziato altre negatività: senza la sommersione iniziale la falda freatica non è stata alimentata ed è diminuita l’efficienza delle reti irrigue. Il picco della richiesta d’acqua indispensabile si sposta a luglio, quando il fabbisogno è forte proprio nel momento in cui anche le altre colture circostanti (come il mais) lo richiedono. Insomma una congestione impossibile da soddisfare con il rischio di un cortocircuito. 

 

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