La formula del vino potrà salvare il riso

di Gianfranco Quaglia

Il 51° Vinitaly che si apre a Verona non è soltanto la vetrina dell’enologia mondiale ma, per quanto riguarda l’Italia, un esempio da replicare in molti altri settori. Non esiste, infatti, nessun altro comparto dell’agroalimentare Made in Italy con una tale capacità dirompente e trainante. Basti pensare che trentun anni fa, con lo scandalo del metanolo che causò 23 vittime, nel nostro Paese si guardava al settore vitivinicolo come a un defunto o, per essere buonisti, a un malato in coma profondo. Ma un anno dopo, cioè nel 1987, Vinitaly segnava già l’inizio della rinascita, a dimostrazione che il mondo del vino aveva reagito con una caparbietà e una professionalità inaspettate. In altre parole: da quella batosta che si era abbattuta sulle cantine italiane, enologi, produttori, imbottigliatori, industriali del settore, avevano compreso che occorreva reagire facendo squadra per fare in modo che la macchia venisse lavata nel più breve tempo possibile. Così è stato. Oggi i risultati sono lì tutti da vedere: l’Italia è il primo Paese al mondo per produzione e qualità, ha superato anche la Francia.

Come è stato possibile? Malgrado esistano ancora alcune sacche campaniliste e il dimezzamento dei consumi sia una realtà, il comparto è uscito dagli angoli bui di una tradizione che esaltava il vino solo se fosse del contadino, povero, magari senza etichettatura, scaturito da cantine poco più che anfratti, optando invece per un rinascimento che ha messo in campo enologi, abbigliaggio, promozione in Italia e all’estero, con uno sforzo corale e istituzionale. Così il vino è diventato la locomotiva dell’agroalimentare italiano nel mondo. Ecco perché altri settori dovrebbero semplicemente copiare la formula: pensiamo al riso, che in questi mesi sta vivendo uno dei peggiori momenti della sua storia, insidiato da importazioni a dazio zero e indifeso a Bruxelles. Basterebbe recepire la ricetta applicata al vino, unendo tutti gli attori in campo (agricoltori e industriali della trasformazione) in uno sforzo comune che sappia parlare con voce sola in Europa. Non solo ai politici, soprattutto ai consumatori, i quali attendono soltanto di essere sollecitati e coccolati. Dazi e muri a prescindere, sarà questa la vera sfida.

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