Economia verde, Confagricoltura lancia la Federazione Biotecnologia

Economia verde, Confagricoltura lancia la Federazione Biotecnologia

di Enrico Villaveggia

Il 4 ottobre, con l’istituzione della “Federazione Biotecnologia, prodotti e processi innovativi” Confagricoltura si è inserita pienamente nella scia dell’economia verde, che dovrebbe assicurare il futuro della agricoltura europea nei prossimi cinquant’anni. L’obiettivo generale, che risalderà la collaborazione stretta fra primario, industria e artigianato evoluto, è in realtà stato fissato dall’Unione Europea con il Regolamento 432/2012. Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, nel commentare la costituzione della Federazione di biotecnologia, cioè della “economia verde“, ha anche ricordato che i due pilastri del futuro agricolo, intrecciatosi strettamente con gli altri comparti economici importanti, sono l’economia circolare e la nutraceutica delineata nel 1989. I prodotti di base agricoli con la loro trasformazione consentiranno molti recuperi in energia nonché in originarie materie prime. Inoltre, la nutraceutica permetterà di passare, ad esempio, dall’agricoltura ai medicinali o, come il mais, dai cereali alle plastiche che si dissolvono in poco tempo, non soffocando con inquinanti i territori, i mari e i fiumi.

La guida della Federazione di biotecnologia è stata affidata a Ezio Veggia, (foto) già vicepresidente di Confagricoltura il quale avrà un gran da fare per passare dalle idee ai fatti, come già sta accadendo per la agricoltura di precisione, prodotto della informatica e di una cultura tecnologica assai avanzata.

Infatti la nuova federazione nell’ambito di Confagricoltura – ha evidenziato Ezio Veggia – ha l’obiettivo di promuovere, assistere e coordinare tutta quella serie di attività economiche come le agroenergie, i bioprodotti, la bioedilizia, la biocosmesi, dove l’agricoltura, a vari livelli, svolge un ruolo di importanza; settori che necessitano di una sempre maggiore integrazione delle diverse componenti delle filiere e elevati livelli di ricerca e innovazione. Il nuovo comparto – secondo la sottolineatura del presidente Giansanti – vale al momento 269 miliardi di euro e assicura il lavoro a oltre 2 milioni di occupati. Ancora più analitica la scheda di Assobiotec. Oggi in Europa il peso della bioeconomia è stimato in 2000 miliardi di euro, con il lavoro assicurato a oltre 22 milioni di persone (ricercatori e operatori) che rappresentano il 9% del totale. Sono compresi i settori dell’agricoltura anche per i sottoprodotti del riso, della silvicoltura della pesca, della produzione alimentare, della produzione di pasta di carta, dell’industria chimica, biotecnologica ed energetica. “Ogni euro investito nel 2012 in ricerca e innovazione nella bioeconomia – è il commento di Assobiotecl’UE stima possa generare un valore aggiunto di 10 euro entro il 2025“.

Nel 2050, nei nostri mari ci potrebbe essere più plastica che acqua con la distruzione della fauna ittica, e il disastro potrebbe essere quantificato in 150 milioni di tonnellate di residui di plastiche da idrocarburi distruggibili dopo secoli e di oggetti quotidiani di uso comune. Un sistematico monitoraggio è stato effettuato dalla Ellen MacArthur Foundation mentre altre istituzioni, come l’Università di Gand hanno indagato sulla proliferazione di microplastiche. E queste stesse sono presenti nei lavaggi automatici casalinghi, così che sono espulse e contaminano pesantemente perfino l’acqua che beviamo.

Ma al posto dei contenitori che inquinano, come i sacchetti o dei lubrificanti derivati dal petrolio, tutto può avvenire ricavato dai prodotti agricoli. E’ la testimonianza scientifica di Michele Falce, responsabile Sviluppo filiere agronomiche della Novamont con sede a Novara e stabilimenti in centro Italia. Il ricercatore, che anche ha evidenziato l’imminente futuro ruolo della economia verde prospettata da Confagricoltura e di suoi vertici Massimilano Giansanti e Ezio Veggia, ha scritto un articolo sul numero due di Ecoscienza, descrivendo quanto in lubrificanti possano dare il girasole o il cardo, specie di erba perenne diffusa nel Mediterraneo e coltivato in Sardegna. “Novamont – annuncia il dottor Falce – sta implementando in Umbria una filiera di girasole ad alto contenuto di acido oleico destinato alla produzione di lubrificanti biodegradabili da fonte rinnovabile da utilizzare sulle macchine agricole”. Le sperimentazioni per il cardo da trasformare in lubrificanti biodegradabili in una unità produttiva a Porto Torres sono iniziate nel 2011 e proseguite l’anno successivo. Michele Falce ricorda anche: la filiera del cardo ne incontra così altre due: quella del latte ovino e caprino e quella del miele”. Anche il polline raccolto dalle api potrebbe essere trasformato. L’economia verde resa possibile dai prodotti agricoli anche residui propone una morale contro gli sprechi che il ricercatore Michele Falce così prospetta: La bioeconomia diventa quindi volano per la crescita locale e strumento capace di rilanciare la competitività dell’Italia attraverso lo sviluppo di tecnologie avanzate in settori di nicchia ad alto valore aggiunto, permettendo così alle imprese di investire e continuare a crescere in Italia e non altrove”.

 

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