Eccellenti produttori, pessimi venditori. Il riso secondo Luisa, tre stelle Michelin

di Gianfranco Quaglia

valazza

Innanzitutto un avviso ai gastronauti: “Gli italiani devono capire che tocca al commensale aspettare il risotto, non viceversa”. Tradotto: occorre diffondere la cultura del nostro riso made in Italy, che ha bisogno di promozione, attenzione, i suoi tempi. Insomma: diffidare dalle imitazioni e dalla fretta. Parole di Luisa Valazza, del ristorante Al Sorriso di Soriso (Lago d’Orta). Difficile contraddirla, pensando alle sue tre stelle Michelin, che fanno di Luisa sicuramente la chef donna più famosa del mondo. Non circumnaviga il problema, ma è diretta al cuore, come lo è ai fornelli.

Lei, il riso e il territorio, una simbiosi. Ma anche una sfida all’ottusità di chi non ha ancora voluto o saputo affrontare il tema per compiere quel salto che manca alla diffusione del nostro riso. “Non esiste una cooperazione tra chi produce, chi trasforma, chi come me e i miei colleghi esegue in cucina e anche tra chi scrive di riso. Soffriamo dell’incapacità di lavorare insieme, fare squadra, soltanto la forza di aggregazione può portare al risultato finale, invece sembra che ciascuno voglia coltivare il proprio orticello. Io giro il mondo, sono chiamata in molti convegni e ristoranti, porto sempre il riso come simbolo del nostro territorio.  Il riso da risotto è un’eccellenza di cui solo l’Italia dispone. E poi una mano dovrebbero darla anche i nutrizionisti, quelli che vanno in tv, dove parlano tanto di salutismo ma dimenticano che il riso è alla base”.

Disquisire di qualità con Luisa Valazza è sfondare una porta aperta, anzi aprire un mondo, ma anche le cataratte. “Qui bisogna essere chiari – dice – l’invasione del prodotto asiatico in Europa è una pratica dannosa per i nostri produttori ma anche per i consumatori. In quei Paesi le leggi sull’uso dei pesticidi non sono restrittive come nell’Ue. Se il made in Italy costa di più un motivo ci sarà: la fatica di chi coltiva osservando regole precise va premiata e pagata. Occorre far capire questo agli italiani, educarli alla ricerca della qualità. Dietro a un buon prezzo c’è sempre buona qualità. Quando un pranzo costa soltanto 7-8 euro il cliente dovrebbe chiedersi perché paga così poco e che cosa mangia”.

Nel menù di Luisa il riso non manca mai, anzi sovente è il “main course”, il piatto principe. In quel risotto, preferibilmente Carnaroli, che arriva in tavola dopo la giusta attesa c’è molto di più della capacità espressa in cucina: Luisa ci mette passione, promozione, storia, cultura. “Tutti questi aspetti – dice la chef pluristellata – vanno spiegati a cliente, perché l’Italia produce il riso più buono del mondo ma sin qui si è dimostrata carente nel promuoverlo”.

Come dire: eccellenti produttori, pessimi venditori. E’ il tweet di Luisa Valazza.

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