Datemi una goccia nutrirò il mondo

di Gianfranco Quaglia

«Quello che facciamo è soltanto una goccia nell’oceano, ma se non ci fosse quella goccia all’oceano mancherebbe». E’ una delle frasi più famose pronunciate da Madre Teresa di Calcutta e mai come oggi risuona attuale. E’ sufficiente una goccia, per cambiare il mondo e il modo di produrre, anche in agricoltura? Il dibattito è aperto, soprattuto nella coltivazione del riso che da troppo tempo e da tanti detrattori è messo sotto tiro come uno tra i maggiori responsabili di consumo idrico. Un recente convegno, tenuto al Parco Tecnologico Padano di Lodi, indica nuove strade con un risparmio d’acqua del 45% rispetto alla sommersione tradizionale. L’alternativa è suggerita dagli israeliani che già a Expo sono protagonisti nel loro padiglione con esempi di irrigazione a goccia per produrre ortaggi e cereali. Al Parco di Lodi, attraverso la ditta israeliana Netafim, è stata fornita la tecnologia necessaria per realizzare un esperimento: una parcella di riso di 1000 metri quadrati irrigato a goccia. Un terzo di questa superficie è costituito da un pendio artificiale, una collinetta, per mostrare la potenzialità dell’irrigazione in aree marginali dove sarebbe impossibile praticare la sommersione tradizionale. Il futuro del riso sarà quindi a goccia? Per Alberto Puggioni, responsbile Agromarketing di Netafim Italia, questa sarà la via maestra, che consentirà di risparmiare sino al 30% di fertilizzanti con minore inquinamento e una riduzione delle emissioni di gas serra. Bas Bouman, direttore della Global Rice Science ha dichiarato: «La più importante sfida per la filiera riso è aumentare la water productivity, cioè la quantità prodotta per unità di acqua utilizzata».
Quindi risicoltura tradizionale sul banco degli imputati? Non tutti sono d’accordo. Nelle aree più vocate (il triangolo Vercelli-Novara-Pavia) la coltivazione in sommersiome consente il mantenimento costante delle falde acquifere e interagisce anche con la conservazione del territorio, evitando alluvioni.
Il direttore dell’Ente Nazionale Risi, Roberto Magnaghi, ha ricordato che «le politiche comunitarie hanno considerato la risicoltura amica dell’ambiente, non dobbiamo perdere di vista l’obiettivo di voler consegnare al cittadino dell’Ue un territorio pulito e un prodotto salubre».

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