Un’alluvione di nocciole sull’Europa, quasi un milione di tonnellate

Un’alluvione di nocciole sull’Europa, quasi un milione di tonnellate

di Enrico Villa

In Italia le aziende che lavorano la nocciola, seconda produttrice al mondo dopo la Turchia, la trasformano in dolci, olio, cosmetici, sono 153: offrono al mercato 29 prodotti, garantendo l’occupazione a migliaia di lavoratori. Le loro sedi sono in Lazio, Campania, Piemonte, Sicilia, dove peraltro esistono le aziende di coltivazione del frutto, quasi tutte coperte da Dop e IGP. Le indicazioni provengono da una primaria azienda con scopi generali organizzativi e di statistica.

Ma il nocciolo duro di questo universo agricolo e industriale è il Piemonte nelle province di Cuneo, Alessandria, Asti, più precisamente nella città di Alba e nel suo territorio detto delle Langhe. Qui dal XIX secolo è rigogliosa la coltura della nocciola gentile trilobata. E qui nel tempo sono nate e si sono affermate industrie di trasformazione, impostesi in tutto il mondo. Come esempio quattro fra le altre: la Ferrero fondata nel 1946 da Pietro Ferrero che producendo dolci con le nocciole trilobate seppe trasformate una pasticceria cittadina in una primaria industria leader di carattere internazionale; la Sebaste di Grinzane Cavour, specializzata in torroni in pasta bianca e tradizionali con nocciola, avviata nel 1885 da una famiglia che, dopo cinque generazioni, invariata continua ad essere riferimento del mercato del comparto; la Fratelli Molino che nei terreni della sua fattoria la Missione incominciò con il frutteto passando poi al vino e alle nocciole; la Porello, che oggi offre un ventaglio di trasformazioni partendo dalla tostatura della Trilobata e arrivando ai diversi tipi di dolci piemontesi, servendosi delle trasformazioni e delle farine di nocciola.

I dolci e le creme come il Gianduja, richiamano l’antico Piemonte e Cavour che aveva una tenuta a Grinzane e che politicamente avviò nella seconda parte dell’Ottocento l‘unità del nostro Paese. Giudicata con i canoni moderni, anche cavouriana come originaria impostazione è la Ferrero di Alba che, come evidenzia Gazzetta di Alba (direttore don Modesto Truglia dei Paolini) ha saputo ben presto uscire dalle atmosfere provinciali proprie della regione per affrontare il globo con i suoi prodotti a base di nocciola. La Ferrero assorbe l’11% circa dei noccioleti locali impiegando il restante 60% reperito sui mercati internazionali, anche delineando un progetto per l’espansione della coltivazione del nocciolo in Italia, deficitaria.

L’affermazione della coltura, oltre che in Piemonte con sperimentazioni a Lu Monferrato in provincia di Alessandria potrebbe verificarsi in Campania, Lazio, Sicilia e nei territori specializzati all’estero dove la Ferrero è presente con sue molteplici iniziative di carattere imprenditoriale. Proprio la Ferrero in provincia di Cuneo e in Italia sta monitorando gli effetti sulla nocciola della cimice asiatica mentre sotto controllo è tenuto il prodotto proveniente dall’estero. Infatti l’Efta di Parma (Comunità Europea) ha rilevato che in alcune partite, in particolare in arrivo dalla Turchia, come accennato il maggior produttore mondiale di nocciole presentavano aflatossine, come è noto velenose e, secondo la letteratura scientifica più recente cancerogene.

Il progetto di espandere la coltivazione delle nocciole, indispensabili per l’industria dolciaria e le trasformazioni, non sembra in contrasto con i dati statistici e con quanto potrà accadere già nella stagione 2018/2019. Recentemente ad Agen in Francia si è svolto un incontro bilaterale Unione Europea/Turchia dove in questa occasione la CEE ha agito come corpo sovranazionale di trattativa nei confronti della Turchia, come abbiamo già accennato primo paese produttore al mondo, tuttavia non per la qualità e per le rese per ettaro. E i partecipanti al summit di Agen si sono soffermati sulle possibili produzioni sostanzialmente tutte in aumento: in Turchia 580.000 tonnellate, in Italia 115.000 tonnellate, e poi Azerbaijan (50.000), Usa (50.000), Georgia (45.000) Cile (25.000), Spagna (16.000), altri concorrenti (51.500). In tutto, la futura alluvione di nocciole sarà di 932.500 tonnellate che finiranno nelle creme, nei dolci, nell’olio di nocciola, nei preparati cosmetici. L’Italia con un consistente 77,8%, secondo i calcoli di Coldiretti, nell’ambito dell’Unione Europea dovrà affrontare questa stessa alluvione di nocciole, anche contrastando la Spagna in deciso aumento con il suo 8,7%, la Francia con il 7,6%, la Polonia che con il suo 3,8% potrebbe diventare in pochi anni un nostro agguerrito concorrente. A queste potrebbero aggiungersi gli Stati Uniti dove nel prossimo anno è previsto un aumento della coltivazione dell’85%. Sia la stampa tecnica di settore che quella di grande informazione europea rilevano un aumento imprevisto del gradimento di nocciole anche da parte dei consumatori. Anzi, i mass media più qualificati nonché le emittenti generaliste documentano la riscoperta in medicina e terapia delle nocciole che garantiscono il 14% di proteine, il 6% di carboidrati e l’8% di salutari fibre. Le nocciole contengono, inoltre, sostanze che fluidificano il sangue, affezione con il sospetto di trombosi in aumento delle popolazioni, forse diventando così concorrenti impreviste delle case farmaceutiche e delle affermate erboristerie del ramo.

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