Tra 50 anni il consumo di carne aumenterà del 73%

Tra 50 anni il consumo di carne aumenterà del 73%

bovinidi Enrico Villa

I report internazionali dell’ultimo biennio hanno calcolato lo sviluppo sulla Terra della zootecnia di bovini, suini, ovi-caprini e anche struzzi con carni sempre più gradite dai consumatori occidentali. La Fao, organizzazione specialistica delle Nazioni Unite, ha confermato: fra circa mezzo secolo, il consumo di carne (in Italia di 81 chilogrammi pro-capite, nella sola Germania di 60 chilogrammi) aumenterà del 73% e del 58% circa il consumo di prodotti caseari, compresi latte e suoi derivati, formaggi in ogni area del Globo, yogurt e simili. Più recentemente valutazioni analoghe alla Fao sono state indicate, relativamente al bestiame giovane (vitelloni, in particolare) dal Crpa ( Centro Ricerche produzioni animali di Reggio Emilia).

L’antagonismo degli animalisti
Ma quasi negli stessi anni considerati, è diventato più vivace e antagonista l’atteggiamento degli animalisti, anche organizzati da compagini politiche. E a una di queste stesse compagini è stato attribuito questo giudizio, apparentemente senza appello: una azienda casearia è una fabbrica di dolore e morte. Così, paragonando un caseificio, luogo per l’arte dei formaggi alla stregua dei macelli funzionanti per garantire buone bistecche e manicaretti, miniere di proteine animali essenziali per la nostra salute – in buona parte, nemmeno disdegnate dalla medicina ufficiale – sempre più preoccupata per il dilagare in America e in Europa del fenomeno della obesità. Per alcuni aspetti, agli animalisti si sono aggiunti i vegetariati e i vegani che sostengono i consumi di vegetali e la frutta, eliminando carne e pesce. Questi atteggiamenti, che hanno le radici culturali nell’Ottocento, si sono ben presto trasformati in movimenti filosofici i quali dominano, in parte, il dibattito culturale del Duemila e, talvolta, influenzano pesantemente le scelte dei mass-media, anche sensibilizzando i consumatori, sempre più alla ricerca di cibi sicuri.

L’enciclica di Papa Francesco
Commercialmente su questa scia si sono anche inserite le grandi organizzazioni di vendita, sostenute alla televisione e alla radio nonché sui giornali di programmi di cucina i quali, fra l’altro, hanno provocato un effetto ulteriore: alla vigilia dell’anno scolastico appena iniziato, il boom di iscrizioni agli istituti alberghieri, con il completamento della formazione offerta dall’Università del Gusto di Pollenzo (Cuneo), area storica piemontese prescelta da Vittorio Emanuele re dell’Unità italiana e ateneo voluto fortemente da Carlo Petrini, fondatore del fast food. In un certo modo a questo movimento culturale-filosofico si riconnette anche l’ultima enciclica di Papa Francesco che invita alla necessità della difesa della Natura di cui i buoni alimenti sono parte.

In Italia 25o0 macelli

In termini diversi: proprio non perdendo di vista l’alto magistero di Papa Francesco, forse è il caso di annotare che l’agricoltura moderna e del Secolo Duemila deve riprendere a fare i conti con la filosofia e la sociologia di pensatori le cui speculazioni sono sollecitate dal rapporto uomo-Natura nonché dal rapporto uomo-specie animali, secondo alcuni filosofi del Novecento con uguali diritti da rispettare alla stregua di quelli cui ha diritto il genere umano. Senza i messaggi proposti dalla filosofia, esiste il rischio che almeno parte dell’agricoltura si avvizzisca come una foglia senza più fotosintesi e linfa. Forse, è già il caso dei caseifici che assicurano lavoro e nutrimento i quali dai movimenti dell’antagonismo animale sono semplicemente stati liquidati come fabbrica di morte e di dolore. Perché, senza mediazione e collocazione nel contesto della realtà autentica che da migliaia di anni con latte e formaggi assicurano alimenti all’umanità? L’inarrestabile ascesa della filosofia che integra l’agronomia e l’economia incominciò con Rudolf Steiner(1861/1925) nel 1924. Proseguì con Richard Ryder (1940, inglese), con Tom Regan (1938) e il suo equilitarismo di specie fra essere umano e animali, e soprattutto Peter Singer (1946, australiano insegnante in università Usa) con il suo Liberazione degli animali del 1975. Singer, rivendicando la tutela dei bovini, ovo-caprini e altri animali negli allevante e nei macelli regolamentati dalla Cee ( direttiva 64/433, in Italia norma dal 1994) risolleva prepotentemente dagli animalisti il problema dei macelli, in Italia circa 2.500 con un fatturato annuo di più miglia di euro che assicurano occupazione a più di 3 mila dipendenti. Il presunto caso delle strutture casearie sotto accusa appare ancor più evidente con i macelli, esito finale di una filiera della zootecnia che anche la Fao rivendica con tecniche di allevamento meno cruente e più civile nei rapporti persone-animali, perorati dal cosiddetto specismo dei filosofi del Novecento interessati al mondo agricolo. Non tenerne conto in modo solo komeinista e radicale – con atteggiamento problematico anche per l’eliminazione di lupi e cinghiali che danneggiano le mandrie e le colture – potrebbe anche voler disattendere le proiezioni Fao elaborate fino al 2050. E così – annotano numerosi economisti – rinunciare alla quota di proteine animali cui l’umanità in crescita ha sempre più impellente necessità.

 

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